Consiglio di Stato, sentenza n. 1589 dep 7 marzo 2019
Con il ricorso, proposto avanti al TAR, x s.r.l. ha impugnato il parere negativo reso dalla Regione Puglia per il rilascio dell’autorizzazione comunale alla realizzazione, nel Comune di Barletta, di una struttura sanitaria per l’esercizio di una attività ambulatoriale di radiologia diagnostica, con particolare riferimento all’installazione di una grande macchina TAC.
Il parere esclude la compatibilità del progetto con la programmazione regionale, sul presupposto che il fabbisogno di grandi macchine TAC, pari ad una macchina ogni 60.000 abitanti, sarebbe allo stato interamente soddisfatto.
L’AGCM, occupandosi pure della vicenda, ha sostenuto che la distribuzione regolamentate delle strutture sanitarie sul territorio regionale, pur se volta ad agevolare l’accesso ai servizi sanitari, non potrebbe tradursi in una barriera all’entrata nel mercato della domanda e dell’offerta delle prestazioni sanitarie private prodotte senza oneri per le casse pubbliche e che, comunque, il limite imposto dalla Regione avvantaggerebbe, con conseguente alterazione della concorrenza, gli operatori già presenti sul mercato in mancanza di un sistema che garantisca l’avvicendamento periodico nell’accesso alle autorizzazioni.
Il collegio si è pronunciato, ricordando prima che la stessa Sezione ha già riaffermato che il legislatore, nel sottoporre anche il rilascio della mera autorizzazione sanitaria alla previa valutazione di compatibilità con la programmazione regionale, ha certamente privilegiato la tutela dei profili pubblici, ontologicamente connessi alla attività sanitaria, quali il diritto alla salute ed alla accessibilità a cure di standard qualitativo adeguato, e, quindi, ha ritenuto che il vincolo della programmazione di tale attività fosse il mezzo più idoneo, da un lato, a garantire la equa distribuzione sul territorio di varie tipologie di centri di cura e, dall’altro, ad evitare il fenomeno deteriore di un’offerta di prestazioni sanitarie con alta remunerazione, che risulti sovradimensionata rispetto al fabbisogno effettivo della collettività e, quindi, dia luogo anche a processi di eccessiva concorrenza, che potrebbero portare ad un inaccettabile caduta del livello della prestazione sanitaria o, comunque, alla utilizzazione di tecniche non virtuose di orientamento della scelta dell’assistito, parimenti non compatibili con la tutela del diritto alla salute del cittadino (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 10 settembre 2018, n. 5310).
Quindi, se questi sono i principî e le regole applicabili anche in questa materia, astrattamente non incompatibili, in sé considerati, con l’art. 106 T.F.U.E. e con le fondamentali libertà garantite dai Trattati e dal diritto dell’Unione europea, si deve per altro verso considerare che la stessa Corte di Giustizia, nella citata sentenza della Grande Camera, 10 marzo 2019, in C-169/07, ha tuttavia precisato, in riferimento al sistema austriaco sugli istituti ospedalieri e sulle case di cura (Krankenanstalten- und Kuranstaltengesetz), che un regime di previa autorizzazione amministrativa, perché sia giustificato anche quando deroghi ad una di tali libertà fondamentali, deve essere fondato «su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, che garantiscono la sua idoneità a circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali» (§ 64 della sentenza della Corte di Giustizia, Grande Camera, 10 marzo 2009, C-169/07).
Ebbene, tutto ciò doverosamente considerando, si deve rilevare che il parere negativo in questo giudizio impugnato è ancorato ad una ricognizione del fabbisogno che, stando alla lettura degli atti impugnati, è ferma al 2012 e si deve ancora rilevare che, dall’analisi degli ultimi dati disponibili forniti dall’Azienda, emerge nel territorio una forte domanda di prestazioni diagnostiche TAC, che l’attuale dotazione strutturale del distretto di Barletta, sia essa pubblica che privata, non sembra soddisfare in modo pieno ed adeguato, con la formazione di lunghe liste d’attesa.