Il collaboratore di giustizia è estraneo alle vicende oggetto di propalazione, e non diventa collaboratore se è la vittima di intimidazioni mafiose

Consiglio di Stato, sentenza n. 1678 del 13 marzo 2019

La distinzione tra testimone di giustizia e collaboratore di giustizia, per la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, sta infatti nella posizione di estraneità e di terzietà del primo rispetto alle vicende, oggetto di propalazione (Cons. St., sez. III, 29 gennaio 2018, n. 610), e ciò implica una (ulteriore) valutazione sulla effettiva estraneità del testimone al contesto criminale, come la stessa Commissione centrale ha stabilito in via generale con la propria determinazione, in data 30 luglio 2009, nella quale ha dettato i criterî di massima per il riconoscimento (Cons. St., sez. III, 25 gennaio 2016, n. 218).
La affermata contiguità non occasionale di -OMISSIS- al sodalizio criminale avrebbe dovuto trovare riscontro non già nelle sue semplici e spontanee dichiarazioni autoaccusatorie rese all’autorità giudiziaria, dalle quali trapela, al contrario, la pesante intimidazione subita da soggetti di notoria caratura delinquenziale, ma da elementi ulteriori che lasciassero ragionevolmente apprezzare la sua consapevole e non episodica vicinanza al clan -OMISSIS- o ad altre associazioni camorristiche operanti nel territorio di -OMISSIS- e la volontaria, libera, scelta di aderire ai loro programmi o propositi criminosi.
Di tali elementi del tutto invece assenti, al punto tale che in sede penale la posizione dell’odierno appellante è stata, seppur successivamente, archiviata, non vi è traccia nel provvedimento della Commissione centrale e nella motivazione della sentenza impugnata, che merita pertanto riforma.
Sarebbe del resto paradossale, e segno di un’intima contraddizione in seno all’ordinamento, che proprio la vittima delle intimidazioni mafiose, subite in un contesto di pesantissima vessazione, fisica e psicologia, e di altissimo rischio per sé e i suoi cari, debba scontare, in sede amministrativa, il “prezzo” di tali violenze con la qualificazione di mero collaboratore di giustizia, che presuppone una volontaria contiguità ad un mondo criminale al quale, invece, ha mostrato di ribellarsi mettendo a rischio l’incolumità propria e dei propri familiari.

Comments are closed.