Il ritardo nella diagnosi priva il malato del diritto alla scelta dei percorsi esistenziali, anche se la morte è certa

Corte di Cassazione, sentenza n. 10424 del 15 aprile 2019

Il ritardo diagnostico (peraltro, acclarato come sicuramente negligente) ha determinato – come sottolineato, di recente, da questa Corte, sempre con riferimento a fattispecie analoga a quella oggi in esame – “la perdita diretta di un bene reale, certo (sul piano sostanziale) ed effettivo, non configurabile alla stregua di un «quantum» (eventualmente traducibile in termini percentuali) di possibilità di un risultato o di un evento favorevole (secondo la definizione elementare della chance comunemente diffusa nei discorsi sulla responsabilità civile), ma apprezzabile con immediatezza quale correlato del diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali in una condizione di vita affetta da patologie ad esito certamente infausto” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 23 marzo 2018, n. 7260, Rv. 647957-01). È, dunque, la lesione di tale libertà che è rimasta priva di ogni considerazione da parte della sentenza impugnata, ovvero quella di scegliere come affrontare l’ultimo tratto del proprio percorso di vita, una situazione, questa, meritevole di tutela “al di là di qualunque considerazione soggettiva sul valore, la rilevanza o la dignità, degli eventuali possibili contenuti di tale scelta” (così, del pari, Cass. Sez. 3, ord. n. 7260 del 2018, cit.).

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