Corte dei Conti, sezione giurisdizionale del Veneto, sentenza n. 37 del 18 marzo 2019
L’art. 53, comma 7 del D.Lgs. 165 del 2001, infatti, dispone che “I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza.
Tale disposizione trova puntuale riscontro nell’assetto regolamentare interno di AVEPA -che costituisce integrazione degli obblighi di servizio del dipendente- negli artt. 5, comma 2, e 8 del “Disciplinare delle attività extra ufficio”, approvato con decreto del Direttore n. 172 del 23.12.2013, che prescrivono, il primo, l’obbligo di autorizzazione di attività extra ufficio (in conformità appunto all’art. 53 surrichiamato) ed il secondo il limite del compenso percepibile (il 25% del trattamento economico complessivo annuo spettante al titolare dell’incarico) (richiamando il combinato disposto dal DL 201/2011 Art. 23-ter co. 2 e dal L. 147/2013 art. 1 co. 471.)
Il dipendente, infatti, pur avendo chiesto ed ottenuto l’autorizzazione allo svolgimento dell’incarico, avendo superato il limite del compenso percepibile (ed autorizzato), era tenuto, ai sensi dell’art.8, comma 4, del Disciplinare citato, a versare l’eccedenza al fondo per il finanziamento del premio performance, poiché, in caso contrario, l’incarico medesimo deve ritenersi sprovvisto di autorizzazione, caso per il quale il già citato comma 7 dell’art. 53 del D.lgs 165 del 2001 prevede l’obbligo di riversamento, la cui omissione, ai sensi del successivo comma 7 bis è fonte di responsabilità erariale.
In relazione al profilo soggettivo di detta responsabilità, va evidenziato che il dipendente era a conoscenza tanto dell’ obbligo di preventiva autorizzazione dell’incarico extra ufficio (tanto che, infatti, formula specifica istanza) quanto dell’obbligo di versamento del compenso eccedente il limite autorizzato e previsto dal disciplinare interno (e ciò non solo perché afferente al rapporto di servizio, ma anche perché espressamente richiamato dall’atto autorizzativo), la cui violazione è, appunto, fonte di responsabilità erariale.
Il comportamento omissivo è stato, quindi, tenuto dal convenuto del tutto consapevolmente in spregio degli obblighi di servizio ad esso ben noti.