Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Toscana, sentenza n. 156 del 17 aprile 2019
L’Organo requirente esponeva che dalla documentazione acquisita relativa in particolare alle presenze dei medici, si evinceva che i componenti delle commissioni avrebbero percepito l’indennità prevista per la partecipazione alle commissioni, pur risultando contemporaneamente presenti sul luogo di lavoro, in asserita violazione del divieto previsto dalle disposizioni aziendali.
La vicenda in questione era oggetto di parallelo procedimento penale, sfociato, al momento del deposito della citazione, nella richiesta di rinvio a giudizio adottata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena per i reati di abuso d’ufficio e truffa (artt. 323 e 640 c.p.).
Orbene, come rilevato dal giudice penale, l’incertezza interpretativa riguarda la possibilità stessa di ricondurre le attività svolte dalle Commissioni mediche nell’ambito di attività richieste da terzi a pagamento e svolte da professionista in nome e per conto dell’azienda, quale titolare del Servizio.
D’altro canto, in base agli atti di causa, l’Azienda USL7 di Siena, solo con nota del 27.3.2014, prot. n. 17577 (successiva ai fatti di causa, siccome relativi al periodo 2011/2013) si è chiaramente espressa nel senso di ritenere che le attività de quibus dovessero essere espletate al di fuori dell’orario di lavoro, in base all’ art. 31 del Regolamento di organizzazione aziendale.
Né va tralasciata la circostanza, puntualmente richiamata dal giudice penale, della sussistenza di prassi applicative diverse in vigore presso le diverse Aziende sanitarie (pag. 11 della già richiamata sentenza n. 348/2017 del G.U.P. presso il Tribunale di Siena)
Analogamente, per la dott.ssa X, il ragionevole ed incolpevole affidamento sulla legittimità della propria condotta, quale circostanza idonea in ogni caso ad escludere il profilo soggettivo della colpa grave nei termini sopra esposti, può ritenersi fondato, alla luce dell’assenza di una chiara disposizione di rango primario e della non uniformità delle posizioni delle diverse Amministrazioni statali in ordine alla necessità o meno per i propri dipendenti (sebbene facenti parte di una medesima Commissione e chiamati a svolgere identiche attribuzioni) di svolgere l’incarico de quo al di fuori dell’orario di servizio.
Per questa via è stato, peraltro, ingenerato il convincimento della legittimità del proprio operato, per cui le predette circostanze inducono a ritenere l’impossibilità di configurare l’elemento soggettivo della colpa grave in capo alla dott.ssa X .