Corte di Cassazione, sentenza n. 11415 del 30 aprile 2019
Già la Corte di Giustizia, intervenuta con due successivi arresti in materia tributaria sulla nozione di “imprenditore agricolo a titolo principale”, ha affermato che non è possibile ricavare dalle disposizioni del trattato o dalle norme di diritto comunitario derivato una definizione comunitaria generale ed uniforme di “azienda agricola”, valida per tutte le disposizioni di legge e di regolamento concernenti la produzione agricola (C. Giust. 15/10/1992 in C-162/91 par. 19), riguardando il Regolamento 797/85 un regime di aiuti agli investimenti nel settore agricolo rigorosamente determinati, mentre altre modalità di aiuti (nella specie agevolazioni tributarie in tema di imposta di registro) riguardano esclusivamente il legislatore nazionale; concetto quest’ultimo riferibile evidentemente ad altri tributi (e nella specie all’ICI) e ribadito con la sentenza della stessa Corte 11 gennaio 2001 n.403 in C-403/98 nella quale si afferma (par.26 e segg.) che le disposizioni dei Regolamenti Comunitari (e nella specie quelle dei Regolamenti 797/85 e 232/91 in materia di aiuti agli investimenti nell’agricoltura)non producono tutte effetti immediati nell’ordinamento nazionale, ma richiedono norme attua tive in assenza delle quali (par. 29)” gli art. 2, n. 5, u.c. del reg. 797/85 e 5 n. 5 u.c. del reg. 2328/91 (che richiedono la parificazione delle persone giuridiche a quelle fisiche nel settore agricolo) non possono essere invocati davanti ad un giudice nazionale da società di capitali al fine di ottenere il riconoscimento dello status di imprenditore agricolo a titolo principale allorché il legislatore di uno Stato membro non ha adottato le misure necessarie per la loro esecuzione nel suo ordinamento giuridico interno”, misure che possono in effetti riscontrarsi nel d.lgs. n. 228 del 2001, di portata non retroattiva ….”(Cass. n. 5931 del 2010).