Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Piemonte, sentenza n. 253 del 3 luglio 2019
La Procura regionale ha citato in giudizio il dott. X, quale direttore del gabinetto della presidenza della Regione Piemonte, per la responsabilità amministrativa derivante dall’atto di affidamento, avvenuto con determinazione n. 283 del 28 maggio 2015, di un incarico esterno finalizzato “alla redazione della mappatura dei rischi dei procedimenti e processi svolti in Regione Piemonte volta alla stima dell’esposizione a rischio di corruzione nei Settori regionali, anche alla luce della riorganizzazione in corso” per una spesa di euro 38.571,52.
Con il secondo periodo del comma 8 L 190/2012, il legislatore ha vietato che l’attività di elaborazione del piano sia affidata a soggetti estranei all’amministrazione, prevedendo anche specifici percorsi formativi per i dipendenti, cui corrispondono le previsioni, contenute nel successivo art. 2, che le amministrazioni competenti provvedano allo svolgimento delle attività previste dalla legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e che dall’attuazione della stessa non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (c.d. clausola di invarianza).
Come puntualmente osserva la Procura, richiamando le considerazioni svolte dalla locale Sezione regionale di controllo (del. n. 34/2016 cit.), l’attività di mappatura dei rischi corruttivi all’interno delle strutture regionali e nell’ambito dei procedimenti trattati dalla Regione richiede una conoscenza della situazione interna all’Amministrazione e della scansione e gestione dell’iter dei procedimenti amministrativi, che non può essere detenuta che da quei soggetti che operano quotidianamente ed effettivamente all’interno della stessa (direttori, dirigenti, responsabili di servizi e uffici), sicché appare naturale che, per essere adeguata, tale mappatura sia affidata a tali soggetti.
L’analisi dei rischi, in sostanza, è un aspetto fondamentale del piano stesso e ne costituisce una delle componenti più significative (cfr. Sez. Lazio n. 269/2018).
Condivisibili sul punto sono le posizioni dell’ANAC (cfr. del. 748/2018, prodotta dalla Procura in data 13 maggio 2019) secondo cui lo scopo del divieto di affidare l’attività di elaborazione del piano anticorruzione a soggetti estranei all’amministrazione “è quello di considerare la predisposizione del PTPC un’attività che deve essere necessariamente svolta da chi opera esclusivamente all’interno dell’amministrazione o dell’ente interessato, sia perché presuppone una profonda conoscenza della struttura organizzativa, di come si configurano i processi decisionali (siano o meno procedimenti amministrativi) e della possibilità di conoscere quali profili di rischio siano involti; sia perché comporta l’individuazione delle misure di prevenzione che più si attagliano alla fisionomia dell’ente e dei singoli uffici. Tutte queste attività, da ricondurre a quelle di gestione del rischio, trovano il loro logico presupposto nella partecipazione attiva e nel coinvolgimento di tutti i dirigenti e di coloro che a vario titolo sono responsabili dell’attività delle pubbliche amministrazioni e degli enti. Sono quindi da escludere affidamenti di incarichi di consulenza comunque considerati in quanto non viene soddisfatto lo scopo della norma che è quello di far svolgere alle amministrazioni e agli enti un’appropriata ed effettiva analisi e valutazione del rischio e di far individuare misure di prevenzione proporzionate e contestualizzate rispetto alle caratteristiche della specifica amministrazione o ente. D’altra parte, la citata disposizione va letta anche alla luce della clausola di invarianza della spesa che deve guidare pubbliche amministrazioni ed enti nell’attuazione della l. 190/2012 e dei decreti delegati ad essa collegati”.