Corte di Cassazione, sentenza n. 21302 del 9 agosto 2019
Per giustificare un licenziamento disciplinare, i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave violazione degli obblighi del rapporto di lavoro, tale da lederne irrimediabilmente l’elemento fiduciario; la relativa valutazione deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo (cfr., per tutte, Cass. n. 13149 del 2016, Cass. n. 25608 del 2014).
La Corte territoriale ha valutato, alla luce dei parametri della materialità del comportamento adottato (le attività svolte nell’ambulatorio privato), dell’intensità dell’elemento intenzionale (la “volontarietà della illecita condotta” e “l’assenza di alcuna intenzione di porre riparo al danno economico cagionato, offrendo la restituzione delle somme indebitamente percepite”), del grado di affidamento richiesto dalle mansioni affidate al lavoratore (medico primario) e del danno economico prodotto all’ospedale (la percezione di retribuzione non spettante in quanto da riconoscersi solamente ai medici in regime di esclusività), la proporzionalità della sanzione espulsiva adottata nei confronti del ricorrente ed è pervenuta alla conclusione della sussistenza di tale proporzionalità. Si tratta di una valutazione di merito che in quanto basata su valutazione sufficiente ed esente da vizi logici.