Corte di Cassazione, sentenza n. 21394 del 13 agosto 2019
Prospettava la ricorrente di aver posto a fondamento del comportamento discriminatorio del datore di lavoro di essere donna, di gestire una vita personale e lavorativa diversa, di non avere famiglia regolare ed essere impegnata nelle battaglie civili e sociali. Quindi aveva lamentato in primo luogo una discriminazione di genere.
Ma tali statuizioni non sono state adeguatamente censurate con il motivo di ricorso che si limita ad affermare di aver prospettato in relazione al mancato conferimento dell’incarico di aver subito discriminazione di genere e per lo stile di vita, e richiamare l’art. 40 cit., peraltro delineando un’inversione totale dell’onere della prova che la disciplina in esame non prevede.
La donna non ha indicato fatti, diversi dal mancato conferimento dell’incarico, che avrebbero dato luogo a discriminazione in proprio danno da parte dell’Amministrazione datrice di lavoro; non svolge alcuna critica alla statuizione della Corte d’Appello che ha escluso la maggiore professionalità di essa ricorrente a ricoprire l’incarico rispetto al collega, e dunque la mancata attribuzione dell’incarico per ragioni diverse dall’interesse dell’Amministrazione a designare il lavoratore che aveva acquisito, nel corso della carriera, meriti comprovati mediante le valutazioni espresse dai dirigenti succedutisi nel tempo. La ricorrente si limita a sostenere, su un piano astratto, che l’onere probatorio sarebbe stato normativamente a carico del datore di lavoro.