Corte dei Conti, Prima Sezione Centrale d’Appello, sentenza n. 182 dell’11 settembre 2019
L’appellante lamenta il ricorso a presunzioni che non sarebbero idonee a fondare un giudizio di accertamento dell’illecito erariale; contesta, in particolare, la sussistenza del danno da tangente parametrato all’importo delle somme asseritamente “incassate” dal Generale e del danno da disservizio.
Gli elementi di valutazione depositati in atti, sottoposti al giudice per la ricostruzione della vicenda e per l’affermazione della responsabilità del Y, sono costituiti dalle deposizioni rese da militari che hanno svolto le indagini e da soggetti coinvolti a vario titolo nella vicenda, dalle spontanee dichiarazioni rese dallo stesso Y, dai numerosi documenti prodotti, tra cui quello denominato “elenco commesse” (detto anche “prima lista X”) rinvenuto presso la sede secondaria della società sita in Roma all’interno di un personal computer in uso al dipendente Daniele e quello denominato “archivio cassa” (detto anche ” piano dei conti ” o “seconda lista X”).
Relativamente al danno da tangente, risultano provati gli elementi che consentono di desumerne la sussistenza, con un elevato grado di certezza.
Lo stesso appellante, nel corso dell’esame e delle spontanee dichiarazioni rese alla GdF, ha ammesso di aver ricevuto da X il pagamento del prezzo dell’immobile e di essersi rivolto allo stesso per la ricerca di una migliore opportunità di lavoro per la figlia.
Nel caso di specie, il danno da tangente è stato correttamente quantificato facendo riferimento a una misura non inferiore a quanto indebitamente ottenuto dal Gen. Y per le condotte contestate tanto in sede penale che in questa sede, pari a € 1.144.502,00.
Relativamente al danno da disservizio l’appellante lamenta la carenza di motivazione e l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ravvisato l’omessa dimostrazione del nesso causale e del danno (nell’an e nel quantum).
Al riguardo si ritiene condivisibile la ricostruzione operata dal giudice di prime cure sulla sussistenza del danno da disservizio e la sua quantificazione rapportata al 20% delle retribuzioni percepite dall’appellante tra il 2004 e il 2010, periodo in cui è stato tenuto il comportamento illecito contestato.
Il danno da disservizio, connesso allo spreco di risorse pubbliche, è conseguente ai gravi comportamenti contra legem posti in essere dal Gen. Y, che hanno inferto una lesione all’efficienza dell’azione amministrativa, nonché alla sua legalità, buon andamento ed imparzialità, incidendo negativamente sul funzionamento del servizio pubblico.
La quantificazione è stata correttamente rapportata alla remunerazione con denaro pubblico elargita ad un funzionario apicale della P.A. che non ha svolto attività finalizzate al perseguimento dell’interesse pubblico, bensì perseguito interessi privati ed illeciti.