Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Campania, sentenza n. 339 del 17 settembre 2019
In presenza di attività non autorizzata e, comunque non autorizzabile, il dipendente pubblico è tenuto a riversare i propri compensi all’amministrazione di appartenenza, rappresentando l’omesso versamento, una specifica ipotesi di responsabilità erariale a suo carico (cfr. Sez. giur. Marche, sent. n. 46/2019; Sez. giur. Emilia Romagna, sent. n. 210/2017).
Dalla violazione dell’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001 discende un danno che ammonta al totale dei compensi percepiti e non riversati.
Il Collegio ritiene che il danno vada computato al netto delle ritenute fiscali, quantificate dalla Guardia di Finanza (all. 1 all’atto di citazione) in euro 196.835,09. Il danno complessivo, pertanto, ammonta ad euro 776.094,96.
Con riferimento agli accessori sulla somma dovuta, va rammentato che l’illecito contabile ha natura di debito di valore e, secondo i criteri seguiti costantemente dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (S.U. 17 febbraio 1995, n. 1712; Sez. III, 10 marzo 2006, n. 5234), devono quindi essere corrisposti gli interessi legali sulla somma rivalutata, anno per anno.
L’azione risarcitoria pubblicistica attivata dalla Procura regionale è, infatti, equiparabile all’illecito civile e pertanto, come accennato, dà luogo a un debito di valore e non di valuta, con la necessità di seguire le tecniche liquidative oramai utilizzate pacificamente da oltre venti anni dalla giurisprudenza di legittimità civile, la quale si è adeguata alla menzionata pronuncia delle Sezioni unite del 1995.
Trattandosi della liquidazione del danno attivato dal creditore, il Giudice, a differenza di quanto accade per i debiti di valuta (dove gli interessi e la rivalutazione sono accessori del credito che devono essere espressamente prospettati e asseverati), è tenuto ad attribuire all’attore vittorioso interessi e rivalutazione indipendentemente da una specifica richiesta di quest’ultimo (e persino in assenza di istanza espressa negli atti di giudizio) e nei termini qui precisati.
Il dies a quo della liquidazione, nello specifico, va individuato nelle date di percezione dei compensi non riversati; il dies ad quem, invece, va individuato nella data di pubblicazione della presente sentenza.