Corte di Giustizia Europea (Grande Sezione), sentenza del 15 ottobre 2019, causa C-128/18
L’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, ove disponga di elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati, attestanti l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate delle condizioni di detenzione negli istituti penitenziari dello Stato membro emittente, deve, al fine di valutare se esistano seri e comprovati motivi di ritenere che, a seguito della sua consegna al suddetto Stato membro, la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo correrà un rischio reale di essere sottoposta ad un trattamento inumano o degradante, tener conto dell’insieme degli aspetti materiali pertinenti delle condizioni di detenzione nell’istituto penitenziario nel quale è concretamente previsto che tale persona verrà reclusa, quali lo spazio personale disponibile per detenuto in una cella di tale istituto, le condizioni sanitarie, nonché l’ampiezza della libertà di movimento del detenuto nell’ambito di detto istituto.
Questa valutazione non è limitata al controllo delle insufficienze manifeste. Ai fini di tale valutazione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve richiedere all’autorità giudiziaria emittente le informazioni che essa reputi necessarie e deve fidarsi, in linea di principio, delle assicurazioni fornite da quest’ultima autorità, in mancanza di elementi precisi che permettano di considerare che le condizioni di detenzione violano l’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali.
Per quanto riguarda, in particolare, lo spazio personale disponibile per detenuto, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve, in assenza, allo stato attuale, di regole minime in materia nel diritto dell’Unione, tener conto dei requisiti minimi risultanti dall’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Se, per il calcolo di questo spazio disponibile, non si deve tener conto dello spazio occupato dalle infrastrutture sanitarie, tale calcolo deve però includere lo spazio occupato dal mobilio. I detenuti devono tuttavia conservare la possibilità di muoversi normalmente nella cella.
La constatazione, da parte della suddetta autorità, dell’esistenza di seri e comprovati motivi di ritenere che, a seguito della sua consegna allo Stato membro emittente, la persona interessata correrà un rischio siffatto, in ragione delle condizioni di detenzione esistenti nell’istituto penitenziario nel quale è concretamente previsto che essa verrà reclusa, non può essere posta in bilanciamento, al fine di decidere su tale consegna, con considerazioni legate all’efficacia della cooperazione giudiziaria in materia penale nonché ai principi della fiducia e del riconoscimento reciproci.