CTR Piemonte, Sentenza n. 957 del 19 settembre 2019
In questa sentenza che si riporta ampiamente di seguito, la Commissione Tributaria Regionale confonde evidentemente il formato PDF/A con il formato PADES della firma digitale (scrive infatti:”il formato PAdES BES, ossia PDF/A) e li usa ripetutamente come sinonimi l’uno dell’altro, dichiarando valida la cartella esattoriale notificata in formato PDF/A, ma non firmata digitalmente.
A sostegno della propria tesi cita due arresti giurisprudenziali che, però, trattano della firma digitale PADES (opposta a CADES), e non del formato digitale PDF/A, che è un formato attinente solo all’archiviazione dei documenti digitali, e non idoneo ad attestare l’identità della sottoscrizione del medesimo atto.
Un contribuente ricorrendo ha escluso che la cartella notificata sia una copia o immagine (scannerizzata) di documento analogico/cartaceo, affermamdo che trattasi, al più dí “duplicato informatico” o “copia informatica dì documento informatico” destinato alla notifica che, ex art. 23 bis del D Lgs, 82/05, come duplicato o copia informatica, hanno lo stesso valore giuridico e la stessa efficacia dell’originale solo con attestazione di conformità.
L’art. 71 del D. Lgs 82/05 detta poi le regole tecniche per detti documenti informatici ed il DPCM 18.11.2014 specifica il suddetto art. 71 disponendo che debbano essere utilizzati formati idonei a garantire la conformità all’originale indicati nell’allegato 2. Detto allegato menziona il formato PDF/A nella versione 1.7 (sotto formato del PDF con standard di sicurezza ISO peraltro tale sotto formato è quello imposto al contribuente per I trasmissioni di allegati all’Agenzia delle Entrate ed alla camera di Commercio).
La fonte normativa dell’obbligo dell’utilizzo del formato P7M è infatti ” l’art. 12 del provvedimento DGSIA del 25.12.2015 emesso ai sensi dell’art. 11 DM Giustizia del 21.2.2011 n. 44.
Tale disposizione invero ammette come legittimamente utilizzabile sia il formato PAdES-BES o PAdES part 3 ossia PDF/A sia quello CAdES-BES (ossia P7M).
Tale ultimo formato assolve alla duplice esigenza di garantire la provenienza certa del documento, tramite l’apposizione della firma digitale e di assicurare l’immodificabilità dello stesso, tramite l’impossibilità di cambiare il testo dell’atto con programmi di scrittura. Tale immodificabiilità non è infatti assicurata dai file con estensione diversa dal PDF (ed in primis dai files word).
Il formato PDF ed in questo senso anche il PDF/A (quello di cui qui si controverte) assicura comunque tali due esigenze, con la conseguenza che l’indicazione p7m deve considerarsi esemplificativa e non esclusiva, esaustiva e tassativa dei formati da utilizzare rispetto ai file non nativi PDF.
In altri termini’ la certezza della provenienza e la non modificabilità del testo “nativo PDF” è assicurata anche dai file PDF/A e non solo P7M e la scelta di utilizzare un file di formato diverso da questo (sebbene abbia consentito di sollevare la presente eccezione) deve ritenersi una scelta che non comporta l’impossibilità di ritenere validamente formato ed emesso l’atto nonché proveniente dal soggetto che ha effettuato la notifica.
Il fatto che il file PDF sia astrattamente e tecnicamente (dal punto ‘di vista informatico) sconosciuto nel suo autore e modificabile da chiunque non comporta che, nel caso specifico, ciò sia successo (o comunque vi è il fondato dubbio che-possa essere successo).
Anzi, nel caso di specie, non vi sono dubbi a riguardo, essendo evidente che l’atto impugnato sia stato formato dall’agente della riscossione non sia stato in alcun modo modificato rispetto all’originale.
Un astratto. pericolo non integra cioè automaticamente un concreto danno ed il ricorrente non ha nemmeno portato elementi indicativi che dal pericolo astratto si sia quantomeno passati ad un pericolo concreto (di non provenienza certa del file impugnato o di sua modifica anche solo fortuita).
Peraltro un simile principio è stato affermato anche dalla Cassazione a Sezioni Unite con la decisione del 27 febbraio 27 aprile 2018, n. 10266 che ha affermato, nell’ambito di una dettagliata decisione che non è dato rilevare alcuna violazione di norme di diritto interne e/o Euro unitarie, laddove i rilievi del collegio rimettente hanno riguardo a modalità di firma digitale, invece, egualmente ‘ammesse dall’ordinamento, nazionale ed Euro-unitario, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf” enunciando il seguente principio di diritto: “Secondo il diritto dell’UE e le norme, anche tecniche, di diritto interno, le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES, sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf’, e devono, quindi, essere riconosciute valide ed efficaci, anche nel processo civile di cassazione, senza eccezione alcuna”.
Suddetta decisione è stata confermata anche da successive pronunce tra le quali si segnala l’ordinanza n. 6417 del 5 marzo 2019 che ha affermato che per gli atti dell’agente della riscossione, le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sonò entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “p7m” e “.pdf”.
Deve, peraltro; rilevarsi come il contribuente ricorrente, nel caso di specie, non abbia dimostrato, come era suo obbligo fare in base al generale principio dell’onere della prova, che, nel caso in esame, si trattasse di un file pdf non di tipo PAdES (e dunque modificabile).
Per quanto attiene poi alla mancata sottoscrizione dell’atto, come nel caso del documento cartaceo, può al più trattarsi di irregolarità non inficiante la legittimità e validità dell’atto (non vi è infatti motivo per richiedere nel formato digitale una sottoscrizione non prevista comunque a pena di nullità nel formato cartaceo).