Finanziamento illegittimo: l’obbligatorietà della revoca e il legittimo affidamento del privato non sono alternativi tra di loro

Consiglio di Stato, sentenza n. 7246 del 24 ottobre 2019, n. 7246

La Sezione ha premesso di aderire all’indirizzo secondo cui la revoca del contributo pubblico costituisce un atto dovuto per l’Amministrazione concedente, che è tenuta a porre rimedio alle conseguenze sfavorevoli derivanti all’Erario per effetto di un’indebita erogazione di contributi pubblici” quando risulti che il beneficio sia stato accordato in assenza dei presupposti di legge, “essendo l’interesse pubblico all’adozione dell’atto in re ipsa quando ricorra un indebito esborso di danaro pubblico con vantaggio ingiustificato per il privato” (Cons. St., sez. III, 13 maggio 2015, nn. 2380 e 2381).
Nella fattispecie, la Sezione ha però ravvisato gli estremi della colpa della P.A. nella stessa circostanza, addotta in giudizio dalla stessa a sostegno della legittimità della propria determinazione di non erogare il finanziamento, della chiarezza delle disposizioni che individuavano gli interventi ammissibili a contributo e nell’onere degli interessati di esserne a conoscenza: circostanze che, se opponibili al richiedente, a fortiori dovevano valere per la stessa amministrazione fin dalla fase dell’esame delle istanze ammissibili. Né, secondo la Sezione, il legittimo affidamento poteva essere escluso nella specie per il fatto che il bando riservasse in capo all’Amministrazione un potere di rideterminazione e anche decurtazione del contributo nella fase di rendicontazione, atteso che tale previsione logicamente riguardava il controllo sulle attività svolte e non quello sull’ammissibilità delle domande di contributo, che doveva essere svolto a monte della formazione della graduatoria dei soggetti ammessi.

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