Corte di Cassazione, ordinanza n. 28755 del 7 novembre 2019
La materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, all’art. 18, comma 6, del c.c.n.l. 8.6.2000 hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione dell’art. 15 ter, comma 5, del d.lgs. n. 502/1992, che “le sostituzioni ….non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria”; è stata così prevista una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta; inoltre, al comma 4, di detta disposizione contrattuale è stato precisato che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato, e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici.
Come è stato osservato nelle decisioni richiamate, è significativo il fatto che le parti collettive non abbiano fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine e l’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori.
Deve, quindi, ribadirsi che il termine di cui al comma 4 svolge senz’altro una funzione sollecitatoria ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata;