Consiglio di Stato, sentenza n. 7858 del 18 novembre 2019
L’Agenzia delle dogane, con provvedimento n. 1496 del 7 dicembre 2004, ha disposto il fermo amministrativo, ex art. 69 del regio decreto n. 2440 del 1923, dei crediti vantati dal signor -OMISSIS- nei confronti dell’allora Inpdap (sia in relazione alla pensione che alla liquidazione, il tutto entro il quinto delle somme).
L’autotutela esecutiva è stata azionata dall’amministrazione in presenza di una richiesta di rinvio a giudizio presentata a carico del dipendente da parte della Procura della Repubblica.
Il Consiglio di Stato si è espresso nel modo seguente: giova premettere che il fermo amministrativo di cui al citato articolo 69 – che consente ad un’amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragioni di credito verso aventi diritto a somme dovute da essa o da altre amministrazioni, di sospendere, in via interinale, il pagamento – può essere adottato, stante la sua natura cautelare e intrinsecamente provvisoria, collegata per definizione a motivi di urgenza, anche qualora il credito dell’amministrazione sia contestato, ma sia ragionevole ritenerne l’esistenza, posto che suo presupposto normativo è non già la provata esistenza del credito, bensì la mera ragione di credito (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, sezione VI, decisione 8 aprile 2002, n. 1909 e Cassazione civile, sezione I, sentenza 4 maggio 2004, n. 8417).
Tanto rilevato in termini generali, il Collegio reputa che la ragionevole previsione di esistenza del credito sia ben collegabile alla pendenza di un procedimento penale rivolto ad accertarne il fondamento.
Ne discende che non può considerarsi illegittimo un fermo amministrativo soltanto in quanto emesso dopo una richiesta di rinvio a giudizio e senza un vaglio dell’azione penale da parte di un’autorità giudicante.
Sul punto va rammentato che la richiesta di rinvio a giudizio è atto con cui si esercita l’azione penale, la quale, pertanto, è già integrata a prescindere dal futuro svolgimento dell’udienza penale e dal suo esito. Il fermo amministrativo, dunque, può essere attivato anche all’inizio di un procedimento penale a carico del creditore e in cui l’amministrazione statale sia parte lesa, il che è legittimamente avvenuto nel caso di specie.
E d’altro canto, la giurisprudenza civile prima citata (Cassazione civile, sezione I , sentenza 4 maggio 2004, n. 8417), sia pur non espressamente soffermandosi sulla questione, fa riferimento alla mera sussistenza di una “imputazione” ed all’“inizio di un procedimento penale” («Il fermo amministrativo di cui all’art. 69 r.d. 18 novembre 1923 n. 2440 – che consente ad un’amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragioni di credito verso aventi diritto a somme dovute da essa o da altre amministrazioni, di sospendere, in via interinale, il pagamento – può essere adottato – stante la sua natura cautelare e intrinsecamente provvisoria, collegata per definizione a motivi di urgenza – anche quando il credito dell’amministrazione sia contestato, ma sia ragionevole ritenerne l’esistenza, posto che suo presupposto normativo è, non già la provata esistenza del credito, ma la mera ragione di credito, la quale può derivare anche dall’inizio di un procedimento penale a carico del creditore che veda l’amministrazione stessa come parte lesa»; (nella specie era stato promosso un procedimento penale con l’imputazione, mossa a carico del legale rappresentante della società creditrice, di truffa ai danni dell’amministrazione).