Corte dei Conti, Terza Sezione Centrale di Appello, sentenza n. 233 del 26 novembre 2019
Le contestazioni della Procura avevano riguardato poste di danno emerse in relazione alla mancata riscossione di canoni relativi a una serie di immobili.
Nel caso in esame il termine quinquennale di prescrizione dell’azione erariale decorre dal momento della perdita definitiva del diritto di credito relativo ai canoni locatizi. L’orientamento, ampiamente consolidato presso la magistratura contabile (di recente, ex multis Corte dei conti Sez. II sent. n. 126 18/03/2015), ritiene consumato e attuale il danno erariale da mancata entrata soltanto quando sia decorso inutilmente il termine di prescrizione per la riscossione del credito ovvero quand’esso sia divenuto ormai inesigibile.
Non è configurabile, in altri termini, un danno erariale da mancata entrata connotato dai caratteri dell’attualità e della certezza, laddove non vi sia stata per l’Amministrazione la perdita definitiva del diritto di credito (cfr. sent. Sez. Terza Centrale d’Appello n. 369/2012). Il danno è, infatti, da identificare con la perdita stessa del diritto di credito. Non ha pregio osservare, in contrario, che la prescrizione quinquennale dei canoni locatizi matura mese per mese e che il dies a quo del termine decorra sia per l’Amministrazione creditrice sia per la Procura contabile. Non solo sono palesemente individuabili due differenti rapporti che hanno oggetto e soggetti diversi (rapporto Amministrazione – terzo; rapporto Amministrazione/Procura – agente responsabile) ma soprattutto la fattispecie dannosa dedotta in questa sede non si identifica con il mero inadempimento contrattuale derivante dall’omessa esecuzione dell’obbligazione pecuniaria (credito di valuta) ma con l’impossibilità di recupero della somma, di talché si rende necessario l’accertamento delle responsabilità in capo a coloro che, avendo determinato tale ultimo evento, sono stati chiamati al relativo risarcimento (debito di valore).