Corte dei Conti, Seconda Sezione Centrale d’Appello, sentenza n. 337 del 26 novembre 2019
La Sezione giurisdizionale per la Lombardia si era pronunciata in ordine all’azione di danno proposta in confronto di un medico convenzionato cagionato all’A.S.L. di Varese per effetto di inadeguate ed iperprescrizioni di farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, prospettando un pregiudizio risarcibile pari ad € 12.956,67, oltre agli accessori ed alle spese del giudizio. La Sezione territoriale aveva rigettato la domanda.
La Procura regionale ha impugnato la sentenza, e la Sezione di Appello si è espressa affermando che l’ipotesi in questione presenta un aspetto notevolmente complesso, qualora si consideri che l’emersione della violazione normativa consegue ad una verifica ex post dell’operato del medico, i cui profili di non conformità si dispiegano in termini di progressione cronologica e con riguardo ad un’attività soggetta a controlli specifici dell’amministrazione.
Rovesciando il piano d’indagine, è agevole ritenere che una consapevolezza dell’agire in violazione dei precetti normativi può essere rilevata da vari tipi di riscontro; in termini puramente esemplificativi, possono essere ricordati: l’inadeguatezza dei farmaci somministrati dal punto di vista quantitativo, l’incoerenza della prescrizione perché indirizzata a soggetti di sesso diverso o non portatori di correlate patologie, l’uso improprio di moduli o ricettari ovvero la non corrispondenza ad autorizzazioni specifiche inerenti alla somministrazione dei farmaci stessi (ad es. piani terapeutici); ma, laddove non ricorrano tali profili specifici, e la violazione dei precetti limitativi consegua ad un controllo ex post, l’accertamento in ordine all’imputabilità si rivela senza dubbio più difficile, ma nondimeno essenziale ai fini dell’accertamento dell’illecito.
Pertanto, se da un lato si può convenire con la Procura appellante in ordine alla sussistenza dell’elemento oggettivo di danno, sotto il profilo dello scostamento delle prescrizioni dai parametri normativi, dall’altro va condivisa la sentenza di primo grado, la quale ha esplicitamente affermato che nella fattispecie la domanda è sfornita di fondamento per mancanza di prova della condotta antigiuridica.
Il giudice di primo grado, in particolare, ha ritenuto di soffermarsi su aspetti inerenti alle patologie di riferimento, sotto il profilo dell’irrilevanza della dedotta assenza di documentazione attestante la loro esistenza, ed a casi di contemporaneo ricovero ospedaliero, considerati non decisivi. Siffatta motivazione, ad avviso del collegio, va integrata, considerato che la Procura regionale non ha fornito la prova del dolo o della colpa grave ai fini dell’imputabilità del danno cagionato ai sensi dell’art. 1, primo comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.