In caso di forzata inattività, è alleggerito l’onere della prova del danno da demansionamento

Corte di Cassazione, ordinanza n. 32982 del 13 dicembre 2019

E’ costante l’affermazione per cui la prova del danno da demansionamento e dequalificazione professionale può essere data dal lavoratore anche ai sensi dell’art. 2729 c.c., attraverso l’allegazione di elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti (Cass. n. 25743 del 2018; n. 19778 del 2014; n. 4652 del 2009; n. 29832 del 2008);
Deve, tuttavia, rilevarsi come l’onere del lavoratore di specifica allegazione dei fatti che il giudice può valutare al fine di ritenere integrata la prova presuntiva, nella specie del danno non patrimoniale, risulti necessariamente alleggerito laddove, a causa dell’inadempimento datoriale, il dipendente sia stato lasciato in condizione di totale inattività, senza attribuzione di mansioni e assegnazione di compiti; specie ove tale condizione di inattività, in assoluto contrasto con l’art. 2103 c.c., si sia protratta per molto tempo.
Inoltre, risponde ai canoni di legittimità della prova presuntiva, come ampiamente delineati nella giurisprudenza di legittimità cfr. Cass. n. 6899 del 2004; n. 12802 del 2006; n. 16993 del 2007), desumere l’esistenza del danno non patrimoniale dal fatto noto e accertato del demansionamento ove quest’ultimo sia consistito nel lasciare nella totale inattività il dipendente divenuto inidoneo alle mansioni, senza coinvolgerlo in programmi di formazione e riqualificazione professionale, senza adibirlo a mansioni anche inferiori, senza metterlo in qualche modo in condizione di poter esercitare il proprio diritto-dovere di lavoratore; difatti, il danno sofferto dal lavoratore | costituisce, in ipotesi di totale inattività, specie ove protratta per un lungo periodo, conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità;
Al riguardo, si è rilevato come (Cass. n. 7963 del 2012) il comportamento del datore di lavoro che lascia in condizione di inattività il dipendente non solo viola l’art. 2103 cod. civ., ma è al tempo stesso lesivo del fondamentale diritto al lavoro, inteso soprattutto come mezzo di estrinsecazione della personalità di ciascun cittadino, nonché dell’immagine e della professionalità del dipendente, ineluttabilmente mortificate.

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