Corte dei Conti, Terza Sezione Centrale d’Appello, sentenza n. 3 del 9 gennaio 2020
A seguito di controlli svolti dalla Guardia di Finanza era emerssa un’attività extra-lavorativa non autorizzata da parte di un dipendente pubblico, che era stato pertanto segnalato nel 2015 all’Università di Milano e l’Ateneo aveva intimato al prof. X il versamento delle somme indebitamente percepite per complessivi euro 141.794,59.
Dopo di ciò, l’Ateneo, preso atto del perdurante inadempimento, aveva avviato il recupero delle somme anzidette mediante ritenuta di un quinto dello stipendio.
Avverso il provvedimento di recupero mediante ritenute il prof. X promuoveva ricorso ai sensi dell’art. 172, lettera b) del Codice di giustizia contabile, per sentire dichiarare dalla Corte dei Conti l’assenza di responsabilità erariale, intraprendendo cioè un’actio negatoria.
La Corte dei Conti, in Appello, cassando la sentenza di primo grado, ha statuito che non è data rinvenire alcuna norma di legge che preveda l’actio negatoria della responsabilità amministrativa.
Appare pertanto assolutamente non convincente la tesi espressa dalla Procura generale nelle surrichiamate conclusioni scritte in merito all’ammissibilità dell’actio negatoria che, secondo il concludente, si porrebbe nella prospettiva “di una tutela giurisdizionale del dipendente pubblico e nella esigenza della certezza del diritto, anche al fine di dare efficacia e attuazione ai principi di concentrazione e speditezza processuale, così come ricavabili dall’art.111 della Cost. e dall’art. 6 della CEDU”.
Al Pubblico Ministero contabile, e solo a lui, spettava aprire il fascicolo istruttorio, svolgere l’attività istruttoria per la ricerca delle fonti di prova o comunque degli elementi sui quali fondare la pretesa erariale, procedere all’archiviazione o all’esercizio dell’azione risarcitoria. Spettava infatti al Procuratore, all’esito della fase preprocessuale, formulare la domanda (di risarcimento del danno, nel caso di specie) sulla quale, anche nel rispetto dei principi di cui agli artt. 99 e 112 c.pc., il giudice doveva esprimersi.
In conclusione, il Collegio ritiene, per violazione di legge, tanto l’inammissibilità dell’originario ricorso proposto dal X, quanto l’inammissibilità della c.d. actio negatoria.