Consiglio di Stato, sentenza n. 258 del 10 gennaio 2020
In merito al tema della utilizzabilità della documentazione inerente ad un procedimento penale pur nell’ambito dell’autonomia sostanziale e funzionale fra i due giudizi, in particolar modo in relazione ai risultati delle intercettazioni telefoniche condotte dagli uffici della Procura della Repubblica, va ripresa ancora la citata sentenza Cons. Stato, VI, 10 luglio 2018 n. -OMISSIS-, trattandosi di un motivo di doglianza già esaminato nei quattro appelli congiuntamente decisi. Le ragioni della presente impugnativa non si discostano da quelli allora vagliati, per cui può riprendersi l’argomentazione allora fatta propria dalla Sezione.
“Va premesso che, né la legge generale sul procedimento amministrativo (ispirato al principio di atipicità dei mezzi istruttori, con il solo limite della loro pertinenza e credibilità), né la specifica disciplina antitrust, contemplano preclusioni in ordine all’utilizzo ai fini istruttori di prove raccolte in un processo penale, a patto che:
“a) le prove siano state ritualmente acquisite in conformità con le regole di rito che presiedono alla loro acquisizione ed utilizzo;
“b) sia salvaguardato il diritto di difesa;
“c) il materiale probatorio formatosi aliunde sia stato oggetto di autonoma attività valutativa.
“In applicazione dei predetti criteri, non vi è motivo per ritenere che, nel caso in esame, la documentazione inerente al procedimento penale fosse inammissibile.
“Secondo quanto dedotto dall’Autorità (e non specificatamente contestato da controparte), la trasmissione della documentazione di cui si discute è stata specificatamente autorizzata dalla Procura della Repubblica di Firenze. Quanto alle intercettazioni, deve precisarsi che «il citato art. 270, comma 1, riguarda specificamente il processo penale, deputato all’accertamento delle responsabilità appunto penali che pongono a rischio la libertà personale dell’imputato (o dell’indagato), cosa questa che giustifica l’adozione di limitazioni più stringenti in ordine all’acquisizione della prova, in deroga al principio fondamentale della ricerca della verità materiale. In ragione di tanto, è solo con riferimento ai procedimenti penali che una ipotetica, piena utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni nell’ambito di procedimenti penali diversi da quello per cui le stesse intercettazioni erano state validamente autorizzate contrasterebbe con le garanzie poste dall’art. 15 Cost., a tutela della libertà e segretezza delle comunicazioni. In relazione poi al profilo della utilizzabilità in concreto, è stato precisato che presupposto per l’utilizzo esterno delle intercettazioni è la legittimità delle stesse nell’ambito del procedimento in cui sono state disposte» (Cass. S.U. 23 dicembre 2009 n. 27292; 12 febbraio 2013, n. 3271). Sul punto, va anche rimarcato che la prova della conversazione telefonica e del suo contenuto può ben desumersi dalla lettura dei brogliacci di cui all’art. 268 co. 2 c.p.p. (cfr. ex plurimis Cassazione penale n. 49462 del 2015).
“Le imprese coinvolte hanno avuto ampio accesso e possibilità di controprova in merito a tutti gli elementi probatori sulla cui base sono stati mossi gli addebiti.