Consiglio di Stato sentenza n. 1993 del 20 marzo 2020
Nella fattispecie concreta il provvedimento di diniego del diritto di accesso si limitava ad allegare l’inesistenza materiale del provvedimento richiesto.
Si tratta di un’espressione polisensa, in quanto può avere riguardo a diverse fattispecie (mancata conclusione del relativo procedimento; smarrimento o altra forma di perdita materiale del provvedimento) alle quali corrispondono diverse forme di tutela dell’interessato ed altrettante forme di responsabilità dell’amministrazione.
All’interessata non è stato dato modo di conoscere né l’esito, né le ragioni, del procedimento di riesame preannunciato dalla stessa amministrazione: il che non pare conforme agli invocati parametri normativi neppure mediante il riferimento, non altrimenti specificato, alla materiale inesistenza del provvedimento.
Giova infatti rammentare che “l’Azienda ha preannunciato alla ricorrente la volontà di riesaminare gli esiti della fase istruttoria precedentemente svolta, ai fini di una eventuale rivalutazione delle determinazioni assunte (nota D.G. prot. n.62992 del 8.8.2017)”.
La pretesa dell’odierna appellante non aveva né ha ad oggetto l’avvio o la conclusione del procedimento di riesame, ma l’accesso ai relativi atti, una volta che è stata la stessa Azienda a comunicare di volere procedere ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie.
Si versa piuttosto in tema di diritto all’accesso agli atti di un procedimento esistente perché attivato per volontà manifestata dell’amministrazione: che pertanto postula – ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 – la sua conclusione mediante un provvedimento espresso (la cui asserita inesistenza va evidentemente meglio e specificamente chiarita, in sede di diniego dell’accesso).
Rispetto a tale riperimetrazione della domanda, la motivazione del provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti non dà adeguatamente conto delle ragioni per le quali l’istanza dell’interessata non è stata evasa.