Corte dei Conti, Sezione Centrale di Appello, sentenza n. 138 del 25 maggio 2020
Secondo la prospettazione attorea il danno -azionato derivava dalla violazione del regime di incompatibilità stabilito in via generale per i pubblici dipendenti dagli artt. 53 del d.lgs. n. 165/2001 e 60 del d.p.r. n. 3/1957 nonché, con specifico riferimento ai professori universitari, dagli artt. 11 e 15 del d.p.r. n. 382/1980, perchè il convenuto – nella qualità sopra descritta di professore ordinario dell’Università di Genova in regime di impegno a tempo definito, aveva rivestito la carica di presidente del consiglio di amministrazione o di consigliere in numerose società aventi fini di lucro
Il Collegio ha ricordato che in ambito universitario l’impegno dei professori ordinari può svolgersi a tempo pieno o a tempo definito. Quest’ultimo regime è incompatibile con le funzioni di rettore, preside, membro elettivo del consiglio di amministrazione dell’università, direttore di dipartimento e direttore dei corsi di dottorato di ricerca. La preclusione dei professori a tempo parziale, quindi, in base all’art. 11 del d.p.r. 382/1980, riguarda l’assunzione di compiti di tipo direttivo nell’università, ma risulta bilanciata dalla compatibilità “con lo svolgimento di attività professionali e di attività di consulenza anche continuativa esterne e con l’assunzione di incarichi retribuiti
Se per i professori a tempo definito l’attività esterna è, quindi, generalmente ammessa e non si verificano situazioni di incompatibilità se non per l’eventuale esercizio del commercio e dell’industria, al professore ordinario (sia a tempo pieno che definito) non è impedito neppure di essere nominato “alle cariche di presidente, di amministratore delegato di enti pubblici a carattere nazionale, interregionale o regionale, di enti pubblici economici, di società a partecipazione pubblica, anche a fini di lucro” (art. 13, punto 10, del citato d.p.r. 382/1980), salvo esser collocato in aspettativa per la durata della carica del mandato o dell’ufficio. Invero l’art. 6, comma 10, della legge n. 240/2010 specifica che “i professori e i ricercatori a tempo pieno possono altresì svolgere, previa autorizzazione del rettore, funzioni didattiche e di ricerca, nonché compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro”.
Dalla scelta tra docenza a tempo pieno e tempo definito conseguono, pertanto, regimi profondamente diversi tanto ai fini delle incompatibilità -che nella seconda ipotesi è limitata all’esercizio del commercio e dell’industria-, quanto ai fini delle autorizzazioni (da richiedere sempre nel caso di tempo pieno, ma solo per svolgere attività didattica e di ricerca presso università o enti di ricerca esteri, nel caso di tempo definito).
In definitiva il professore ordinario che abbia optato per il tempo parziale può partecipare, in qualità di esperto, senza deleghe operative, a consigli di amministrazione di società di capitali e anche essere socio a società di capitali aventi fini di lucro, dato che, se non si assumono cariche gestionali, dette funzioni non costituiscono attività imprenditoriale (Cons. Stato, Sez. IV, n. 271 del 4.6.1985). Tale distinguo è presente anche nella giurisprudenza della Corte di cassazione (SS.UU. n. 37 del 5.1.2007) che, con riguardo alla analoga disciplina dell’esercizio della professione forense e dell’iscrizione al corrispondente albo, stabilisce che la carica di presidente del consiglio di amministrazione o di consigliere di una società commerciale, nell’ipotesi in cui tale funzione comporti compiti meramente interni, limitati al concorso nella formazione della volontà dell’organo collegiale ed all’esercizio di poteri rappresentativi, non determini una ipotesi di incompatibilità