Il giudizio contabile deve essere equo, per cui non si possono assolvere i soggetti assolti in sede penale, condannando quelli nemmeno rinviati a giudizio

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Umbria, sentenza n. 33 del 10 giugno 2020

La Procura regionale aveva chiesto il rigetto dell’azione con riguardo ai convenuti che avevano beneficiato di sentenza di proscioglimento penale perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, insistendo invece per l’accoglimento dell’azione, con riguardo ai convenuti non investiti dall’azione penale.
La richiesta di rigetto parziale dell’azione ha imposto quindi al Collegio di considerare la posizione dei convenuti non colpiti dall’azione penale o che hanno beneficiato della prescrizione alla luce degli effetti extrapenali invocati dalla Procura regionale, tenendo presente che il giudizio contabile deve ispirarsi a criteri di ragionevolezza, equità sostanziale, parità di trattamento e non discriminazione.
Sarebbe del tutto irragionevole, iniquo, contraddittorio e sperequato rigettare l’azione risarcitoria per i convenuti la cui posizione sia stata ritenuta tanto grave da determinare il rinvio a giudizio in sede penale e, al contrario, accoglierla con riguardo ai convenuti rimasti estranei al giudizio penale in quanto titolari di una posizione non ritenuta di rilievo tale da integrare gli estremi di una fattispecie criminosa.
Si giungerebbe all’inaccettabile paradosso di pervenire alla condanna di soggetti cui sia imputata una condotta meno grave e al rigetto dell’azione risarcitoria nei confronti di coloro che, pur avendo compiuto atti più gravi degli eventuali condannati in sede contabile, siano riusciti a beneficiare di una sentenza penale di proscioglimento pieno.

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