Corte di Cassazione, sentenza n. 10989 del 9 giugno 2020
Ai fini della personalizzazione del danno morale non rileva la mera sofferenza derivante dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del danneggiato, ricollegabili ad esempio, al dolore di comune riferibilità e, quindi, non apprezzabile in una prospettiva di solidarietà relazionale; bensì rileva la lesione di interessi che assumano consistenza sul piano del disegno costituzionale della vita della persona. è necessario che il danno, di cui si chiede la personalizzazione, presenti dei profili di concreta riferibilità e inerenza all’esperienza personale, specifica e irripetibile. Diversamente opinando, si realizzerebbe una duplicazione delle poste risarcitorie, infatti, le conseguenze ordinarie che discendono da una lesione (di quella specifica entità e riferite a un soggetto di quella specifica età anagrafica) sono integralmente risarcite nella liquidazione del danno alla persona operata attraverso il meccanismo tabellare.
Quindi, secondo la giurisprudenza, il risarcimento forfettariamente individuato, in base ai meccanismi tabellari, può essere aumentato esclusivamente nel caso in cui il giudice ravvisi circostanze di fatto del tutto peculiari, idonee a superare le conseguenze ordinarie, nella liquidazione, il giudicante è tenuto a considerare tutte le conseguenze patite dalla vittima, tanto nella sua sfera morale (ossia nel rapporto che il soggetto ha con sé stesso), quanto in quella dinamico-relazionale (che riguarda il rapporto del soggetto con la realtà esterna) e tale accertamento, unitario ed omnicomprensivo, deve avvenire in concreto (v. Cass. n. 20795 del 2018).
Sul punto la sentenza impugnata ha ritenuto adeguata la liquidazione del danno sulla base delle sole tabelle “milanesi”, che si fondano su di un concetto omnicomprensivo del danno biologico, inteso anche come danno estetico e danno alla vita di relazione, evocando “il carattere moderato del disturbo accertato”.