La decisione di aumentare le prestazioni per gli accreditati, implica una valutazione non solo tecnica, ma “mista”

Consiglio di Stato, sentenza n. 3700 del 9 giugno 2020

Secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, la convenzione tra la struttura ed il sistema sanitario ha valenza costitutiva e costituisce fonte regolativa del nuovo rapporto, come cristallizzata al momento di riferimento, ossia con rinvio rigido e statico ai contenuti della convenzione medesima. Pertanto, ogni modificazione deve essere preventivamente valutata dall’Amministrazione sanitaria in base al fabbisogno assistenziale, al volume erogabile, alla programmazione di settore, al possesso dei prescritti requisiti e agli oneri finanziari sostenibili; è poi necessario che sia rilasciato il relativo titolo (cfr., Cons. St., Sez. V, 8 marzo 2011 n. 1434; Sez. III, 20 novembre 2012, n. 5875).
Non pare doversi soffermare sulla disquisizione della discrezionalità tecnica come vincolata o meno, in quanto nella specie, risulta che all’amministrazione competa piuttosto una valutazione c.d. ‘mista’ comprendente per un verso un giudizio a seguito dell’accertamento compiuto (sulla capacità della singola struttura), per altro verso la comparazione delle differenti esigenze e dei mezzi per perseguirle nel modo più opportuno per il perseguimento del fine pubblico della tutela della salute sul territorio in ragione della disponibilità finanziaria e della distribuzione dei fabbisogni.
Né può ritenersi che l’erogazione ed il pagamento delle prestazioni giustifichino un legittimo affidamento qualora ancora non siano stati effettuati i controlli dall’Amministrazione, sulla determinazione della capacità operativa massima (sul punto cfr. Sez. III, n. 168/2020), che semmai l’inerzia ed i ritardi dell’amministrazione sanitaria possono rilevare ad altri fini in termini di valutazione della performance.

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