Corte di Cassazione, sentenza n. 11217 del 11 giugno 2020
La Suprema Corte ha più volte affermato che deve ritenersi legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime, tenuto conto che la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d.lgs. n. 22 del 1997, n. 22 (in tal senso, v. da ultimo Cass., Sez. T, n. 8308 del 94/04/2018; Cass., Sez. 6-T, n. 24072 del 24/11/2016; Cass., Sez. 6-T, n. 22248 del 03/11/2016; Cass., Sez. 6-T, n. 22116 del 31/10/2016; Cass., Sez. 6-T, n. 22115 del 31/10/2016; Cass., Sez. T, n. 16175 del 03/08/2016; Cass., Sez. T, n. 14758 del 15/07/2015; v. già Cass., Sez. T, n. 302 del 12/01/2010 e Sez. T, n. 5722 del 12/03/2007; cfr. Cass., Sez. 6-T, n. 33545 del 18/12/2019).
La differenziazione della tariffa degli esercizi alberghieri da quella delle civili abitazioni, operata dai Comuni, è peraltro stata considerata legittima da questa Corte anche alla luce della conformità al principio unionale “chi inquina paga”, espresso dall’art. 15 della direttiva 2006/12/CE e dall’art. 14 della direttiva 2008/98/CE, che, nell’osservanza del principio di proporzionalità, consentono al diritto nazionale di differenziare il calcolo della tassa di smaltimento per categorie di utenti (Cass., Sez. T, n. 15041 del 16/06/2017).
Si deve inoltre precisare che, nell’adottare tale statuizione, contrariamente a quanto dedotto dalla contribuente, la Corte non ha valutato il mancato uso del fatto notorio nella valutazione delle prove, tipico accertamento in fatto, ma ha verificato la correttezza della differenziazione tariffaria operata dal Comune, ritenuta legittima, in base alla notoria maggiore produzione di rifiuti da parte degli alberghi rispetto alle civili abitazioni.
Né può ritenersi che tale differenziazione possa essere effettuata a condizione che il Comune motivi con precisione le ragioni della stessa e, in particolare, dello scostamento dalla classificazione operata dal legislatore all’art. 68, comma 2, d.lgs. cit. Come sopra evidenziato tale norma prevede che l’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie sia effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, solo “in via di massima”, dei gruppi di attività o di utilizzazione ivi riportati, senza prevedere alcun particolare obbligo di motivazione, nel caso in cui il Comune ritenga di non seguire tale indicazione.