L’ANAC deve concedere l’accesso anche agli atti interni, dovendosi escludere solo gli appunti informali privi di firma e di rilievo

TAR Lazio, sentenza n. 6457 dell’11 giugno 2020

La ricorrente ASMEL ha censurato espressamente l’art. 24 del Regolamento ANAC sull’accesso per contrarietà agli artt. 22 ss. L. 241/90, disposizione su cui l’ANAC ha fondato il diniego di accesso alle relazioni d’ufficio, agli appunti, alle note e ai verbali del Consiglio dell’Autorità.
Non è contestato che tali documenti esistano, atteso che l’ANAC li ha enumerati e censiti come segue: Relazione al Consiglio, prot. n. 58963 del 19 luglio 2019; Appunto al Consiglio, prot. 67695 del 29 agosto 2019; Appunto al Consiglio, prot. n. 84097 del 23 ottobre 2019.
Ciò posto va rilevata, fin d’ora, la fondatezza del motivo con il quale la ricorrente censura i provvedimenti impugnati in quanto accomunati da un’erronea interpretazione estensiva dell’ambito di applicazione delle cause di esclusione del diritto di accesso previste dell’art. 24 del Regolamento dell’Autorità del 24 ottobre 2018, alla luce delle seguenti considerazioni.
Innanzitutto si rammenta che l’art. 24 L. 241/1990 – dopo aver previsto, al comma 1, le fattispecie nelle quali il diritto di accesso è escluso, al comma successivo affida alle singole amministrazioni il compito di individuare “le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso ai sensi del comma 1”.
L’ANAC, nel dare attuazione a tali disposizioni con il Regolamento del 24 ottobre 2018, non si è limitata a indicare (all’art. 22) i documenti esclusi dall’accesso per motivi di riservatezza di terzi, persone, gruppi e imprese e (all’art. 23) i documenti esclusi dall’accesso per motivi inerenti la sicurezza e le relazioni internazionali, ma ha previsto (all’art. 24) un’ulteriore categoria di documenti sottratti all’accesso “per motivi di segretezza e riservatezza dell’Autorità”,
Tale ulteriore categoria, che non trova un immediato e diretto riscontro nell’art. 24 L. 241/1990, deve comunque essere interpretata alla luce della disciplina generale del diritto di accesso posta dagli articoli 22 e ss della predetta legge.
Ciò comporta che la predetta disposizione, nella parte in cui sottrae all’accesso “le note, gli appunti, le proposte degli uffici ed ogni altra elaborazione con funzione di studio e di preparazione del contenuto di atti o provvedimenti” risulterebbe in palese contrasto con l’art. 22, comma 1, lett. d), della legge n. 241/1990 se fosse interpretata nel senso di escludere tout court tali atti dal diritto di accesso, cioè anche nel caso in cui assumano la valenza di veri e propri atti endoprocedimentali (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24 settembre 2015, n. 4481).
Anche laddove si trattasse di annotazioni, appunti o bozze preliminari, deve rammentarsi che, secondo la giurisprudenza più risalente, solo le c.d. minute (intese come semplici appunti finalizzati alla redazione di documenti veri e propri) e gli scritti informali privi di firma o di sigla non costituiscono documenti amministrativi in senso proprio (ancorché presenti nel fascicolo di ufficio) (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 23 febbraio 2015, n. 3068).
Nel caso di specie gli atti di interesse della parte ricorrente, per come individuati dall’amministrazione, sono invece veri e propri documenti amministrativi endoprocedimentali, firmati e muniti di data e protocollo interno, dunque senz’altro accessibili se non rientranti nell’ambito di applicazione degli articoli 22 e 23 del Regolamento.
Conclusivamente, per quanto precede, il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto dovendo l’ANAC consentire l’accesso agli atti richiesti come innanzi individuati, con eventuale oscuramento di parti sensibili nel rispetto della normativa sulla riservatezza.

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