Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna, deliberazione n. 46/2020/PAR
Deve ritenersi che la retribuzione di risultato è correlata all’effettivo raggiungimento, anche sotto il profilo qualitativo, degli obiettivi preventivamente determinati, unitamente all’utilizzo dei criteri e delle metodologie di cui al d.lgs. n. 268/1999 per la verifica e il monitoraggio dei costi, dei rendimenti e dei risultati (vedasi sentenza della Sezione giurisdizionale Puglia n. 185/2016 del 08/06/2016; sentenza della Terza Sezione centrale di 4 appello n. 267/2016 del 27/06/2016).
Pertanto, è da escludere che il dirigente abbia diritto alla retribuzione di risultato per il solo fatto di aver svolto funzioni dirigenziali in assenza della dimostrazione, vagliata dal competente ufficio dell’ente, dell’effettivo raggiungimento degli obiettivi ad essa correlati. L’indennità di risultato è, infatti, una componente della retribuzione volta a remunerare la prestazione lavorativa in funzione dei risultati raggiunti. I criteri per la sua erogazione devono, quindi, essere determinati preventivamente, così come preventivamente devono essere fissati gli obiettivi, dal raggiungimento dei quali deriva inderogabilmente la corresponsione della retribuzione di risultato. In assenza di una reale predeterminazione degli obiettivi, che devono essere diversi e ulteriori da quelli riconducibili all’ordinaria attività dirigenziale, nonché a quelli genericamente riferibili ai compiti istituzionali dell’Ente, l’Amministrazione non può riconoscere e, quindi, erogare alcuna indennità di risultato, poiché in tal caso l’erogazione dell’emolumento sarebbe priva di titolo giustificativo”.