Il datore di lavoro non può usare l’a.t.p. per accertamenti sanitari sui lavoratori, né tantomeno licenziarli in caso di rifiuto

Corte di Cassazione, sentenza n. 16251 del 29 luglio 2020

La società X, a seguito di numerose assenze per malattia del lavoratore aveva adito il Tribunale al fine di promuovere un accertamento tecnico preventivo diretto ad accertare lo stato di salute dell’A. che, costituitosi, tuttavia si dichiarava indisponibile a sottoporsi all’esame.

Il giudice aveva quindi dichiarato il non luogo a provvedere.

Il 9 novembre 2016 l’A. aveva ricevuto una contestazione disciplinare da parte della società, con cui si censurava il rifiuto del lavoratore di prestare il consenso a sottoporsi agli accertamenti, rendendo così impossibile la verifica del suo stato di salute e “giustificando ulteriormente i sospetti circa l’effettiva sussistenza degli episodi morbosi”.

La società, non accogliendo le giustificazioni del lavoratore, procedeva al suo licenziamento per giusta causa in data 17.11.16.

Deve premettersi che gli obblighi di correttezza e buona fede, sovente denunciata in ricorso, costituiscono un metro di valutazione in ordine all’adempimento o meno degli obblighi contrattuali e non anche una autonoma fonte di questi ultimi (ex aliis, Cass. n. 28974 del 04/12/2017, Cass. n. 6501 del 14/03/2013).

Occorre poi considerare che l’a.t.p., previsto dall’art.445 bis c.p.c. per deflazionare il contenzioso in materia previdenziale e non certo per consentire al datore di lavoro di controllare lo stato di salute dei propri dipendenti, è dunque previsto come condizione di procedibilità nelle controversie di cui sopra, mentre per lo scopo voluto nella fattispecie dal datore di lavoro sovviene l’art.5 L.n.300/70 secondo cui: “sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. 2. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. 3. Il datore di lavoro ha (inoltre) facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico”.

Il nuovo art.445 bis c.p.c. prevede quindi come condizione di procedibilità nelle controversie previdenziali la presentazione, unitamente al ricorso giudiziario, di una istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa previdenziale fatta valere, restando così fermo il fatto che si tratta di un onere gravante su chi intende richiedere in giudizio una prestazione a carico dell’INPS, e non certo di un nuovo istituto, che si affiancherebbe senza alcun fondamento normativo agli ampi e diversi strumenti già indicati nel detto art.5 S.L., che consente al datore di lavoro il controllo circa lo stato di salute dei suoi dipendenti ovvero la veridicità delle malattie da essi denunciate come causa di legittime assenze dal lavoro.

La circostanza poi che il ridetto art. 445 bis richiami, nel procedimento da seguire in tema di a.t.p. ed in quanto compatibile, l’art. 696 c.p.c., previsto tra i mezzi di istruzione preventiva in casi connotati da particolare urgenza, non vale certo ad assimilare i due istituti, dovendo pertanto escludersi che al datore di lavoro sia consentito, in deroga non prevista al citato art. 5 S.L., far controllare per tale via, lo stato di salute dei suoi dipendenti

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