Corte di Cassazione, sentenza n. 20901 del 15 luglio 2020
X era indagato per il delitto di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 2 d.lgs. n. 74 del 2000, a lui contestato perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in qualità di legale rappresentante della Y s.r.l. con sede in Ravenna, al fine di evadere l’imposta sull’i.v.a. per gli anni 2016, 2017 e 2018, indicava nella dichiarazione mod. IVA per gli anni di imposta 2017, 2018 e 2019 elementi passivi, previa annotazione nelle scritture contabili, costituiti da fatture emesse da sei società, puntualmente indicate, relative ad operazioni giuridicamente inesistenti, atteso che l’attività posta in essere da dette società era riconducibile a un’illecita somministrazione di manodopera, dissimulata da fittizi contratti di appalto e servizi.
Logico corollario di tale ricostruzione è che il delitto ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 è astrattamente configurabile nel caso di intermediazione illegale di manodopera, stante la diversità tra il soggetto emettente la fattura e quello che ha fornito la prestazione. Si tratta di una conclusione coerente con il principio affermato da questa Corte, secondo cui è configurabile il concorso fra la contravvenzione di intermediazione illegale di mano d’opera (art. 18 d.lgs. n. 276 del 2003) ed il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000), nel caso di utilizzo di fatture rilasciate da una società che ha effettuato interposizione illegale di manodopera (Sez. 3, n. 24540 del 20/03/2013 – dep. 05/06/2013, P.G. in proc. De Momi e altri, Rv. 25642401)Sez. 3, n. 24540 del 20/03/2013 – dep. 05/06/2013, P.G. in proc. De Momi e altri, Rv. 256424: