Corte di Cassazione, sentenza n 21199 del 2 ottobre 2020
Nonostante la formalizzazione in termini di collaborazioni coordinate e continuative, i rapporti intercorsi tra X e la Azienda sanitaria Y dal 1999 al 2003 avevano la sostanza di lavoro subordinato.
La Corte territoriale ha quindi condannato l’ente pubblico, ai sensi dell’art. 2126 c.c., al pagamento in favore della lavoratrice delle differenze tra quanto in ipotesi dovuto a titolo di pubblico impiego e quanto percepito; la Corte territoriale riteneva che la turnazione con colleghe dipendenti, l’eterodirezione delle prestazioni, l’organizzazione datoriale in caso di assenze o impedimenti, oltre all’osservanza di un orario e la fissità del compenso, dimostrassero appieno la natura subordinata del rapporto.
L’Azienda ha proposto ricorso, ma la Suprema Corte ha confermato la decisione, rilevando che il motivo di ricorso era generico ed apodittico e non si misurava con la completa motivazione sviluppata dalla Corte territoriale, la quale ha evidenziato sia indici primari, come l’eterodirezione, sia indici complementari, quali l’eterorganizzazione degli orari, la fissità dei compensi e la omessa esplicitazione, da parte dell’Azienda, della consistenza di una dedotta autonomia qualitativa, destinata in realtà a non sussistere a fronte della sostanziale fungibilità con le prestazioni di chi era anche formalmente dipendente