Corte di Cassazione sentenza numero 25369 del 11 novembre 2020
Al direttore generale di un Ente del SSN (nella specie, di una AUSL) si applica la disciplina generale in materia di incompatibilità e cumulo di incarichi prevista dall’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 (nonché, ratione temporis, dal d.lgs. n. 39 del 2013 dettata per i titolari di incarichi dirigenziali), dovendo essere letto in questo senso il comma 10 dell’art. 3-bis del d.lgs. n. 502 del 1992 secondo cui “La carica di direttore generale è incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo”, con la precisazione che ai suddetti fini non ha alcun rilievo il fatto che il rapporto del direttore generale di un ente del SSN – peraltro, dal legislatore qualificato “esclusivo” – sia di natura autonoma e sia regolato da un contratto di diritto privato perché quel che conta è lo svolgimento di funzioni in qualità di “agente dell’Amministrazione pubblica”. Questa conclusione deriva, in definitiva, dall’applicazione degli artt. 97 e 98 Cost. – ai quali la Corte costituzionale ha ricondotto la normativa sull’incompatibilità e cumulo degli incarichi (oltre che di quella sulla inconferibilità degli incarichi stessi), con le relative sanzioni – a tutte le situazioni in cui si verifica l’indicata evenienza. Essa, quindi, non può non riguardare i direttori generali (e anche i direttori sanitari e i direttori amministrativi) degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale (in tal senso di recente: Cass. 26 settembre 2018, n. 22887 cit.), il cui incarico proprio perché di grande delicatezza non può non richiedere dedizione assoluta. Del resto, da tempo la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che la normativa di cui al d.lgs. n. 502 del 1992, nel prevedere che il rapporto di lavoro del direttore generale di un’Azienda sanitaria ha carattere esclusivo ed è incompatibile con l’instaurazione di altri rapporti di carattere dipendente o autonomo, ha carattere imperativo e inderogabile (Cass. 19 dicembre 2014, n. 26958).