Corte dei Conti, prima sezione centrale di Appello, sentenza n. 333 del 2 dicembre 2020
Già la Sezione regionale aveva censurato l’indebito affidamento all’avv. X— mediante le deliberazioni n. 218 del 16.07.2013, n. 170 del 26.06.2014 e n. 195 del 23.07.2015 — di incarichi, ciascuno per la durata di un anno, aventi ad oggetto attività di assistenza e consulenza legale stragiudiziale di contenuto assolutamente generico in violazione della disposizione di cui all’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001.
Per tali fatti il quantum risarcibile è stato determinato in via equitativa in € 28.485,60, pari alla metà dei compensi effettivamente corrisposti al consulente, tenuto conto dei vantaggi conseguiti dall’ente dalle prestazioni rese dal Capodieci
La giurisprudenza contabile e, segnatamente, quella delle Sezioni centrali d’appello (cfr. ex plurimis, Sez. II^ d’Appello, sent. n. 625 del 2018 e sent. n. 327/2019, per affidamenti all’esterno di incarichi di consulenza analoghi a quelli in esame), si è espressa nel senso che detta disciplina si inserisce in un contesto nel quale le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di svolgere i compiti istituzionali avvalendosi di personale interno, essendo tale regola espressione del principio costituzionale di buon andamento dell’azione amministrativa anche, e soprattutto, sotto il profilo dell’economicità della stessa.
Le prestazioni contestate peraltro avrebbero potuto bene essere assicurate anche dall’avvocatura regionale, posto che, a norma dell’art. 1, comma 3, della legge regionale n. 18/2006, detto ufficio “esprime pareri e svolge consulenza legale, oltre che alla Presidenza della Regione, al Consiglio, alla Giunta e agli Assessorati regionali, anche agli enti strumentali della Regione, quale si configura appunto l’Agenzia Regionale per le Attività Irrigue e Forestali (ARIF)”, è bene evidenziare che gli atti di conferimento in esame non recano alcun criterio per addivenire alla quantificazione dei compensi e che gli stessi sono stati adottati, senza soluzione di continuità, in violazione del divieto di rinnovo degli incarichi, posto dall’art. 7, comma 6, lett. c), in base a finalità imprecisate e generiche, oltre che in assenza di congrui parametri di riferimento per la definizione dei compensi.