Monitoraggio opere pubbliche? Un optional


Da più esponenti di governo è stata pronunciata l’espressione “monitoraggio opere pubbliche” negli ultimi mesi, fino alla costituzione di una (santa?) Alleanza contro la corruzione, per evitare “l’accaparramento dei fondi pubblici”.
Non entro nel merito dell’iniziativa, ma a volte le soluzioni sono più semplici di ciò che si pensa.
Per il monitoraggio delle opere pubbliche dal 2003 è attivo un sistema tanto semplice quanto geniale: il CUP, cioè il codice unico di progetto.

Tale numerino deve essere richiesto dal “soggetto titolare” per ogni investimento pubblico e deve essere citato in tutta la documentazione amministrativa, nonchè inserito nelle fatture, nei mandati di pagamento e nella richiesta del CIG, cioè il codice identificativo di gara che identifica ogni “appalto” (mi scuso per alcune imprecisioni lessicali)
Così facendo, automaticamente per ogni opera pubblica si avrebbe un quadro completo: data di inizio (prevista ed effettiva), data di fine (prevista ed effettiva), fonti di finanziamento, importo previsto, importo effettivamente speso, appalti aggiudicati, e altre informazioni.
Infatti la BDAP-MOP (Banca Dati Amministrazioni Pubbliche – Monitoraggio Opere Pubbliche) è integrata con due sistemi che contengono i dati essenziali per il monitoraggio delle opere pubbliche: il CUP (gestito dalla Presidenza del Consiglio) e il CIG (gestito da ANAC), che sono le chiavi che legano l’intero sistema di monitoraggio. Una corretta alimentazione di questi dati sui relativi sistemi permette di ridurre al minimo gli sforzi di aggiornamento sulla BDAP-MOP.
Il MEF inoltre gestisce inoltre il sistema dei pagamenti delle amministrazioni locali (SIOPE, in collaborazione con Bankitalia) e il sistema di monitoraggio dei finanziamenti nell’ambito della politica di coesione (BDU), garantendo il principio di unicità dell’invio, cioè inviando il dato ad una sola di queste banche dati, si aggiornano tutte. WOW! E allora, qual è il problema?

Do alcuni numeri: i CUP generati nel tempo per identificare le opere pubbliche sono circa 16.000.000, mentre le opere pubbliche di cui abbiamo una traccia di pagamenti sono circa 4.000.000. Già solo questi numeri ci dovrebbe far capire che il monitoraggio è rimasto una “pia illusione” almeno per il 75% delle opere pubbliche.
Difatti, nell’ “Informativa al comitato interministeriale per la programmazione economica” del Sottosegretario di Stato, Sen. Mario Turco, dal titolo “il monitoraggio dei programmi di investimento pubblico Analisi e proposta di riforma” del 25 Giugno 2020, si legge che i due più rilevanti problemi sono:
1) la mancata copertura di tutta la platea degli interventi programmati che non consente di ricavare aggregati rappresentativi di tutta la spesa per investimenti attivata (finanziamenti, impegni a seguito di appalto, pagamenti);
2) la scarsa qualità di molte delle segnalazioni inviate alle competenti banche dati, con incoerenze che si rilevano già nel controllo dei principali dati finanziari o nella segnalazione puntuale dei cronoprogrammi attuativi (ed in particolare nell’acquisizione certa di una data da cui far partire l’analisi dei tempi di realizzazione, ad es. la data di assegnazione delle risorse che abilitano l’avvio del progetto).

Nel punto di cui al numero 1, si noti, la “mancata copertura” non è imputata ad un problema di carattere normativo, ma è rilevato come un problema di fatto. Appunto ciò che si diceva prima: tutto il meccanismo del monitoraggio delle opere pubbliche è largamente disatteso. E anche quando i “soggetti titolari” si preoccupano di richiedere il CUP, nel prosieguo l’alimentazione della banca dati è fatta male (p.es: non viene indicata nessuna data di fine dell’investimento pubblico, o meglio l’anno 9999, non viene indicato nessuno stato di avanzamento, non viene citato il CUP nei mandati di pagamento e nella banca dati CIG, perdendo tutte e informazioni sulla spesa effettiva e sulle gare di appalto collegate, ecc…).

A ulteriore conferma, cercando tra i dati di opencup.gov.it e i dati di bdap-opendata.mef.gov.it, ho riscontrato che alcune pubbliche amministrazioni non sono nemmeno censite, come se non avessero fatto mai un investimento pubblico, o altre che ne hanno pochi, i cui dati sono, però, manchevoli dello stato di avanzamento procedurale, finanziario e fisico, come, cioè, se non avessero speso nulla o non avessero nemmeno iniziato l’investimento.

Ma non vi è una legge che impone tale obbligo? Sì.

Il d.lgs. 229/2011 delinea specifici obblighi di monitoraggio per le amministrazioni pubbliche e tutti i soggetti, anche privati, che realizzano opere pubbliche; in particolare, il monitoraggio riguarda
<<..le informazioni anagrafiche, finanziarie, fisiche e procedurali relative alla pianificazione e programmazione delle opere e dei relativi interventi>>, e il Decreto del Ministro dell’Economia del 26 Febbraio 2013 e la Circolare RGS n. 14 del 8 Aprile 2014 indicano i dettagli del sistema di monitoraggio (obbligo trasmissione dati alla BDAP-MOP, tempi e modi dell’adempimento, tracciato dei dati di monitoraggio, legame CUP-CIG-SIOPE, effetti mancata comunicazione).
Inoltre le norme sui sistemi collegati (p.es. Fattura elettronica) prevedono l’inserimento di CUP e CIG per garantire il colloquio tra le banche dati. Le informazioni di dettaglio sulle modalità di colloquio sono contenute nei protocolli d’intesa e negli allegati tecnici.

Ma cosa succede se non si adempie?
L’adempimento degli obblighi di comunicazione previsti dall’art. 1 del d.lgs. n. 229/2011 e’ un presupposto del relativo finanziamento a carico del bilancio dello Stato, verificato all’atto della sua erogazione dai competenti Uffici preposti al controllo di regolarita’ amministrativa e contabile.

È proprio questo il problema: se non vi era un finanziamento statale, diretto o indiretto, i soggetti titolari non adempivano al monitoraggio, motivo per cui tanti investimenti pubblici non sono stati tracciati.

Si consideri che per investimenti pubblici la norma non include solo le strade e i ponti, ma tutto ciò che arricchisce il patrimonio pubblico, cioè, per esempio, attrezzature soggette ad ammortamento, manutenzioni straordinarie, lavori di ampliamento strutturale, ecc…

A dire il vero un’altra norma che prescrive delle sanzioni per il mancato monitoraggio è quella contenuta nella legge 136/2010 (piano straordinario contro le mafie), che prevede all’art 6 comma 2 “l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria dal 2 al 10 per cento del valore della transazione stessa” per l’omessa indicazione del CUP o del CIG negli strumenti di pagamento.

Ma allora? Semplicemente la norma è rimasta lettera morta.

In sintesi, non servono nuove norme, ma semplicemente l’applicazione di quelle esistenti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *