Un primo esame dell’informativa per il vaccino COVID-19

Con la circolare n. 42164-del 24/12/2020 il Ministero della Salute ha rilasciato le Raccomandazioni per l’organizzazione della campagna vaccinale contro SARS-CoV-2/COVID-19 e (soprattutto) le procedure (rectius: il protocollo) di vaccinazione , compresi i modelli da utilizzare per l’informativa da rendere al soggetto da vaccinare e per l’acquisizione del consenso informato.

Prima di esaminarli, vi è una notazione da fare: con la circolare sostanzialmente si stabilisce uno standard, e all’osservanza della circolare sono tenuti tutti i soggetti in indirizzo e le aziende sanitarie. Nel caso in cui un’azienda sanitaria decidesse di discostarsi dalle indicazioni ministeriali (anche solo per i modelli), si potrebbe trovare in difficoltà in un eventuale contenzioso.

Un’altra considerazione preliminare: è da rilevare che forse è la prima volta che vi è un protocollo così dettagliato in materia di consenso informato per un vaccino, ed è quindi da accogliere con estremo favore.

Ora guardiamo al merito dell’informativa e del modulo per l’acquisizione del consenso informato.

Nella prima pagina, quella del consenso informato, troviamo, oltre ai dati anagrafici del soggetto dichiarante, i seguenti periodi:

Ho letto, mi è stata illustrata in una lingua nota ed ho del tutto compreso la Nota Informativa in Allegato 1, di cui ricevo copia.

Ho compilato in modo veritiero e ho riesaminato con il Personale Sanitario la Scheda Anamnestica in Allegato 2.

In presenza di due Professionisti Sanitari addetti alla vaccinazione ho posto domande in merito al vaccino e al mio stato di salute ottenendo risposte esaurienti e da me comprese.

Sono stato correttamente informato con parole a me chiare, ho compreso i benefici ed i rischi della vaccinazione, le modalità e le alternative terapeutiche, nonché le conseguenze di un eventuale rifiuto o di una rinuncia al completamento della vaccinazione con la seconda dose.

Il primo periodo puntualmente evidenzia alcuni aspetti:

  1. l’informativa è data in una lingua nota: tale aspetto non è trascurabile, considerando che saranno soggetti a vaccinazione pure soggetti immigrati, per i quali si potrebbe ipotizzare che non abbiano compreso l’informativa perchè non conoscono l’italiano;
  2. la dichiarazione fa esplicito riferimento all’allegato 1, quindi non ad un’informativa di carattere generico o di contenuto non conosciuto, ma proprio all’allegato 1.

L’aspetto mancante, a mio modesto parere, è il fatto che il modulo di consenso non preveda la firma sull’allegato 1, e quindi, in un ipotetico contenzioso, il vaccinato potrà negare che l’allegato 1 sia quello conservato agli atti dell’ASL, e potrà sostenere che gli sia stato esibito un altro “allegato 1”; ricordo che l’onere della prova di una completa informazione grava sull’ASL.

Il secondo e il terzo periodo riguardano la scheda anamnestica e la dichiarazione che tale scheda sia stata compilata, unitamente all’illustrazione dell’informativa, alla presenza di due professionisti sanitari.

Credo che la presenza di due professionisti sanitari sia stata pensata per questioni di carattere legale, cioè per poter avere la testimonianza di due soggetti riguardo a ciò che si sia detto all’utente.

Questa cautela, seppur lodevole, reca con sè però un notevole dispendio di risorse umane, poichè l’attività che potrebbe fare un solo professionista (anamnesi e consenso informato), con il presente protocollo è svolta da due.

Ciò potrebbe portare molte aziende sanitarie, in carenza di personale, a far firmare la scheda a due professionisti, anche se l’attività è stata svolta solamente da uno, esponendosi così a possibili contestazioni di falso in atto pubblico.

Il problema non è di poco conto, poichè il consenso “informato” richiede che le informazioni siano date in modo “comprensibile” per il paziente, avuto riguardo alla sua età, al suo grado d’istruzione e alla sua condizione sociale.

Come fare per dimostrare che la persona ha ben compreso, magari ha posto delle domande a cui è stata data un’esauriente risposta?

La soluzione è data dalla recente normativa in materia di consenso informato (Legge 22 dicembre 2017, n. 219, recante “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”), che all’articolo 1 comma 4 recita che “4. Il consenso informato,…e’  documentato  in  forma scritta  o  attraverso  videoregistrazioni”.

Quindi, secondo il mio modesto parere, la soluzione meno “dispendiosa” in termini di risorse umane sarebbe stata sicuramente la videoregistrazione del colloquio tra il sanitario e il vaccinando. Peraltro in questo caso l’autorizzazione al trattamento delle immagini personali discende da una specifica disposizione di legge, e quindi non sarebbe stato necessario acquisirla dall’utente.

Il quarto periodo è la dichiarazione del paziente attestante la correttezza e completezza dell’informazione data dal sanitario. Ricordiamo, però, che ciò che è riportato su moduli prestampati si interpreta in senso più favorevole alla parte che tali moduli non ha predisposto, cioè il vaccinando. Quindi, in caso di contestazioni, tale dichiarazione resa nel quarto periodo può essere facilmente ritrattata.

Successivamente ci sono ulteriori frasi che ribadiscono quanto sopra accennato, e poi, in un altro foglio, le firme dei due sanitari.

Io avrei preferito mantenere in un unico documento le dichiarazioni, la firma del vaccinando e le firme dei sanitari, in modo che fosse chiaro che le firme si riferissero al contenuto di quel documento, e non ad altro. E’ noto infatti, soprattutto agli avvocati, che le firme apposte in fogli separati rispetto alle dichiarazioni, possono essere facilmente disconosciute o contestate.

Nei fogli successivi vi è la nota informativa riguardo al vaccino. Ho già detto che io avrei preferito un unico documento; si potrebbe ovviare facendo firmare al vaccinando a margine ogni pagina dell’informativa, unendola con punti metallici e conservandola insieme al consenso informato.

L’informativa mi sembra completa.

Ho letto più di una notizia giornalistica che riporta episodi di preoccupazione per quanto scritto sull’informativa, oppure di altri che l’hanno considerata come una “manleva” o un discarico di responsabilità per Pfizer o l’azienda sanitaria.

Non è sicuramente nulla di tutto ciò, ma la possiamo paragonare al bugiardino che troviamo nelle confezioni dei farmaci; è ovviamente corretto che riporti anche gli effetti collaterali del vaccino, al pari di ogni farmaco, e sarebbe grave il contrario.

Il fatto che il vaccinando sia reso edotto degli effetti collaterali, infatti, non esonera da ogni responsabilità l’azienda sanitaria. Ricordo che gli indennizzi per eventuali effetti invalidanti spettano anche a chi si sottopone a vaccinazioni “fortemente raccomandate”, senza che sia necessario provare la colpa del sanitario, dell’azienda sanitaria o della casa produttrice.

Ciò in quanto la vaccinazione è una misura non solo a tutela della salute dell’individuo, ma anche (e forse soprattutto) a tutela della collettività, e quindi è corretto che la collettività si faccia carico dei postumi derivanti da eventi avversi, statisticamente sempre presenti in ogni trattamento sanitario.

Infine, l’allegato 2, è la scheda anamnestica. Ricordo ancora che la “tentazione” di far compilare in autonomia tale scheda sarà sicuramente forte, per risparmiare tempo, ma anche questa deve essere compilata alla presenza di un sanitario, che illustri eventualmente anche il significato di alcune domande. Per esempio la domanda “le sono stati somministrati immunoglobuline (gamma)?” potrebbe essere di non immediata comprensione per taluni utenti.

Concludendo, è da accogliere con grande favore la redazione di un protocollo valevole per tutta Italia, così come è da accogliere con favore l’introduzione di una scheda informativa recante anche gli effetti collaterali del vaccino.

Fa sorgere qualche dubbio sulla fattibilità pratica la previsione di due operatori sanitari per raccogliere il consenso e l’anamnesi di un paziente, e il fatto che non sia stato previsto che i vari fogli siano tutti firmati, uniti e conservati agli atti dell’azienda sanitaria.

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