La Sezione ritiene di rifarsi integralmente a parere collegiale, (nr. 97 del 2020) secondo cui: “In questo nuovo quadro normativo, coordinando le due disposizioni citate circa il limite al trattamento accessorio (art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75 del 2017 e 33, comma 2, D.L. n. 34 del 2019) la disciplina che ne risulta è la seguente: il riferimento base è previsto dall’art. 23, comma 2, cit. (indicato nell’anno 2016); questo dato deve, poi, essere adeguato, aumentandolo o diminuendolo, in modo da assicurare l’invarianza nel tempo del valore medio pro-capite del 2018. In tal modo, superando definitivamente il limite del trattamento accessorio del 2016, e costruendone uno nuovo, a partire dal 2018, si garantisce a ciascun dipendente un valore medio, in caso di assunzione di nuovi dipendenti, tale che all’incremento del numero dei dipendenti, l’ammontare del trattamento accessorio cresca in maniera proporzionale.
Qualora, invece, il numero di dipendenti dovesse diminuire non è possibile scendere al di sotto del valore – soglia del trattamento accessorio del 2016. La norma prevista dall’art. 23, c .2, D.Lgs. n. 75 del 2007 cit., rimanendo in vigore, non deve più essere considerata come valore assoluto da prender e a riferimento, bensì come il limite minimo inderogabile, al di sotto del quale non è possibile riconoscere il trattamento accessorio; e ciò anche in considerazione del fatto che, trattandosi di un trattamento accessorio ormai maturato, esso rappresenta un diritto quesito che non può essere negato, in caso di diminuzione di dipendenti.Del resto, il D.M. 17 marzo 2020 cit. prevede, in motivazione, che “è fatto salvo il limite iniziale, qualora il personale in servizio sia inferiore al numero rilevato al 31 dicembre 2018”.