Affidare al consulente esterno l’elaborazione delle denunce fiscali e contributive, è danno erariale

Corte dei Conti, Seconda Sezione Centrale di Appello, sentenza n. 127 del 04 maggio 2021

L’azione di responsabilità aveva tratto origine dall’esito di un’ispezione ministeriale, condotta dal 20 settembre 2016 e 5 ottobre 2016, sull’Ufficio notifiche, esecuzioni e protesti – UNEP – del Tribunale di …., presso il quale la sig.ra X ricopriva il ruolo di ufficiale giudiziario dirigente. Era stato in particolare accertato che negli anni compresi tra il 2011 e il 2016, l’Ufficio aveva pagato n. 7 fatture di uno studio professionale per la consulenza in campo commerciale e fiscale, al quale la convenuta aveva conferito incarico per l’inoltro telematico all’Inps delle denunce analitiche mensili (DMA) e per la predisposizione, il controllo e la successiva presentazione dell’annuale dichiarazione dei redditi sull’apposito mod. 770. 

Secondo il requirente, a tali adempimenti si sarebbe dovuto provvedere all’interno dell’Ufficio, trattandosi di attività tipiche del sostituto d’imposta, le cui funzioni avrebbero dovuto essere svolte dal dirigente del servizio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 48, d.P.R. n. 1229/1959, di tal che le spese  sostenute per il pagamento dei compensi professionali fatturati dal consulente esterno con risorse proprie del fondo spese per ufficio, sarebbero state causa di danno erariale interamente ascrivibile alla condotta gravemente colposa della sig.ra X.  

La spesa per il pagamento delle fatture elencate nell’accertamento ispettivo del 3 ottobre 2016 è da considerarsi, dunque, dannosa, a nulla potendo rilevare il fatto che i compensi fossero stati quantificati in conformità alle tariffe vigenti, giacché la contestazione erariale non verte sul fatto che l’Ufficio abbia corrisposto più di quanto sarebbe stato lecito pagare in base alla qualificazione professionale dell’incaricato esterno e in relazione all’ordine professionale di appartenenza, ma sul fatto di essere stata conferita all’esterno dell’amministrazione un’attività dell’ufficio in assenza delle condizioni di legge per poterlo fare. 

Alla luce delle sopra esposte considerazioni non può, quindi, trovare accoglimento né la domanda di ottenere la rideterminazione del danno con la detrazione degli importi corrispondenti alla ritenuta d’acconto, giacché, come condivisibilmente evidenziato nella sentenza impugnata, trattasi di un esborso conseguente all’incarico illegittimamente conferito, né la domanda di ottenere una diminuzione del quantum risarcibile in considerazione dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione, in quanto, “in presenza di provvedimenti contrari ai doveri di servizio e alla luce dell’importanza che il rispetto di determinate regole di condotta viene ad assumere nell’ottica del principio costituzionale del buon andamento dell’azione amministrativa, nessuna utilità può essere tendenzialmente riconosciuta alla spendita di denaro pubblico per l’illegittimo conferimento di incarichi a personale esterno alla pubblica amministrazione” (Sezione II^ centr. app., sent. n. 67 del 26 gennaio 2021). 

Devono, a fortiori, disattendersi le richieste di un approfondimento istruttorio presso altre sedi giudiziarie onde accertare se il conferimento all’esterno di tali attività costituisse una prassi, giacché, quand’anche ciò fosse verificabile, appare evidente che la responsabilità erariale accertata in relazione ad un caso concreto non possa ex se trovare esimente nel fatto che la stessa condotta abbia avuto luogo in altri contesti, ciò sia perché le connotazioni fattuali di una fattispecie ne rendono oltre modo difficile la sovrapponibilità ad un’altra apparentemente simile, sia perché si tratterebbe, comunque, di una parassi illegittima siccome non in linea con i canoni normativi vigenti in materia.

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