La valutazione della colpa del medico per danno erariale si basa su un’ottica ex ante

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Toscana, sentenza n 201 del 20 maggio 2021

Non si può che concordare con la CTU sulla premessa metodologica della necessità che la valutazione delle condotte professionali si basi su un’ottica ex ante.

In merito alla valutazione della gravità della colpa è principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza contabile che: “l’analisi del giudice contabile non può che basarsi su un giudizio di “prognosi postuma” fondato non già sulla verifica di elementi fattuali e di circostanze conosciuti ex post, ma unicamente di quelli che erano al momento della scelta conoscibili usando la diligenza esigibile, al fine di valutare la sussistenza ex ante dei criteri di razionalità e giustificazione” (sez. app. Sicilia, 1.10.2019 n. 99; sez. II app. 23.2.2021 n. 62; sez. II app. 27.11.2020 n. 278; sez. III app. 30.10.2020 n. 180). Sulla base di tale principio e delle considerazioni della CTU disposta dal Collegio e da quella del GIP, deve escludersi che la colpa dei sanitari, nella fattispecie, abbia raggiunto quel grado di gravità richiesto dalla giurisprudenza per l’affermazione della responsabilità amministrativo contabile. Infatti: “Devono…essere ritenute affette da colpa grave quelle evidenti e marcate trasgressioni degli obblighi di servizio o di regole di condotta, che siano “ex ante” ravvisabili e riconoscibili per dovere professionale d’ufficio e che si materializzano nell’inosservanza del minimo di diligenza richiesto nel caso concreto ovvero in marchiana imperizia o in una irrazionale imprudenza (Corte dei conti, SS.RR. 56/1997)” (sez. I app., 27.3.2020 n. 61; sez. I app., 13.6.2018 n. 236). In campo medico, la colpa grave si verifica qualora si siano verificati errori non scusabili per la loro grossolanità o l’assenza delle cognizioni fondamentali attinenti alla professione o il difetto di quel minimo di perizia tecnica o vi sia stata ogni altra imprudenza che dimostri superficialità e disinteresse per i beni primari affidati alla cura dei sanitari (sez. III app., 16.7.2018 n. 256). Nella fattispecie non si ravvisano comportamenti tali da potersi qualificare come sopra in quanto la mancata anticipazione del parto alle 19,30, anche a fronte del peggioramento dei tracciati e della difficoltà del travaglio, è stata giustificata e ritenuta plausibile dalla CTU per l’assenza della diagnosi di distocia e perché la sospensione dell’ossitocina aveva nell’immediato sortito esito positivo, tanto da ritenere la condotta dei convenuti non gravemente censurabile.

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