La “correzione” di un atto pubblico, non giustifica la sua alterazione

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza n 21017 dep. 27 maggio 2021

Il Tribunale di … aveva condannato X in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 476, per avere, nella qualità di responsabile del corpo di polizia municipale, alterato il preavviso di accertamento redatto nei confronti di …, modificando l’articolo del codice della strada violato sì da ridurre l’entità della somma dovuta per la sanzione e da evitare la decurtazione dei punti prevista per l’infrazione effettivamente commessa, nonché per avere distrutto il preavviso di accertamento originale; ed ancora, per avere alterato il preavviso di accertamento, attestando la ricezione di una somma per una violazione del codice della strada diversa da quella originariamente contestata.
La Corte di appello aveva chiarito, con motivazione perspicua e sufficientemente convincente, come fosse pacifica la sussistenza degli elementi costitutivi oggetti dei reati in contestazione (compresa quelli del reato di falso per soppressione); e come la versione dell’imputato – che aveva parlato di una sorta di ‘correzione’, operata in buona fede, di atti pubblici redatti sulla base di erronei presupposti – non servisse a scriminare la condotta tenuta, tenuto conto che la norma richiamata come ‘scusante’, quella contenuta nell’art. 386 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 e richiamata anche nelle circolari ministeriali attuative, prevede la possibilità per gli organi accertatori di modificare il destinatario del verbale di contestazione di una infrazione del codice della strada nel solo caso (evidentemente diverso da quelli che hanno caratterizzato le due vicende oggetto del presente processo) in cui dovesse essere accertato un errore di identificazione dell’autore della violazione

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