E’ del tutto irrilevante ai fini dell’accesso civico che i documenti richiesti siano “resoconti informali” o verbali

TAR LAZIO, sentenza n. 5346 del 7 maggio 2021

Come è pacificamente riconosciuto in giurisprudenza, “il Legislatore ha utilizzato una formula così ampia per esaltare il principio della massima trasparenza della p.a., a cui tutta la l. n. 241 è uniformata. Il diritto di accesso prescinde, pertanto, sia dalla «natura» dei documenti richiesti, sia soprattutto dalla loro pertinenza ad un determinato procedimento. I presupposti legittimanti sono costituiti, da un lato, dalla detenzione di un atto da parte della p.a. e, dall’altro, dalla sussistenza di un interesse qualificato alla visione di esso, in funzione, evidentemente, della tutela (non necessariamente giudiziaria) della posizione soggettiva del richiedente” (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio – Roma, sez. I, 05/11/2008 n. 9637; Cons. St., sez. VI, 24/01/2012 n. 311, ribadisce che “i documenti ai quali è possibile chiedere accesso possono anche non riguardare uno specifico procedimento”).

E d’altra parte, il citato art. 5, comma 2, del D.Lgs. 14/03/2013 n. 33, nel prevedere il diritto di “chiunque” “di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni”, fa espresso riferimento allo “scopo di favorire controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”.

Forme diffuse di controllo quanto mai necessarie in una situazione di così grave preoccupazione per la salute pubblica e individuale, nel perseguimento della cui tutela si inserisce certamente un notevole “utilizzo delle risorse pubbliche”, in cui si colloca l’istanza di accesso in esame.

In quest’ottica, la circostanza che si tratti di “resoconti informali”, come pure che in questi resoconti il funzionario che li crea “annota sinteticamente i diversi interventi, ma non trascrive testualmente gli interventi stessi”, è del tutto irrilevante, proprio perché, come si è precisato, perché il diritto di accesso possa essere ritenuto sussistente non è necessario che si ci trovi di fronte a veri e propri provvedimenti, essendo sufficiente che si tratti di semplici “atti” di qualsiasi tipo, cioè “anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento”, come appunto previsto espressamente dall’art. 22, comma 1, lett. d) della L. 241/90.

E ancora, l’art. 22 della L. 241/90, al comma 3, dispone che “tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6”. E gli atti richiesti dal ricorrente non rientrano in alcun modo in nessuna di queste categorie escluse dall’accesso. Per cui il descritto argomento, utilizzato dal Ministero per rigettare l’istanza di accesso del ricorrente, vìola le citate disposizioni.

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