Corte di Cassazione, sentenza n. 14390 del 25 maggio 2021
L’INPS lamenta che la Corte di merito ritenuto che la produzione di un reddito inferiore alla soglia di euro 5.000,00 costituisse elemento sintomatico decisivo ai fini della valutazione dell’occasionalità della prestazione, senza considerare le ulteriori incontestate circostanze quali l’iscrizione all’Albo degli avvocati e la titolarità di partita IVA.
Il motivo è infondato
Va premesso che la produzione di un reddito superiore alla soglia di euro 5.000,00 costituisce il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità.
Dirimente è, insomma, il modo in cui è svolta l’attività libero- professionale, se in forma abituale o meno; e se nell’accertamento di fatto di tale requisito ben possono rilevare le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA, dalle dichiarazioni rese ai fini fiscali o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, non è meno vero che trattasi pur sempre di forme di praesumptio hominis, che non impongono all’interprete conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire al fatto ignoto da quello noto.
Resta piuttosto da osservare che, una volta chiarito che il requisito dell’abitualità dev’essere accertato in punto di fatto, valorizzando all’uopo le presunzioni ricavabili ad es. dall’iscrizione all’albo, dalle dichiarazioni rese ai fini fiscali, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, ben può la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a euro 5.000,00 rilevare quale indizio per escludere che, in concreto, l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità.