Corte dei Conti, Terza Sezione Centrale di Appello, sentenza n. 350 del 30 luglio 2021
Il Consiglio regionale, con deliberazione n. 823 del 23 ottobre 2014, ha deliberato un aumento del capitale sociale della società Casinò de la Vallèe S.p.A. di 60 milioni di euro.
E’ indubbio, che la mancata verifica di soluzioni alternative in una situazione nella quale nel 2012 e nel 2013 erano già stati erogati finanziamenti per 40 milioni di euro senza che si registrasse alcun miglioramento (nel 2012 perdite per 18,6 milioni, nel 2013 perdite per 21 milioni e nel primo semestre 2014 perdite per 8,791 milioni, per un complessivo importo superiore ai 47 milioni di euro), ha comportato che l’aumento del capitale sociale sia avvenuto in violazione dei parametri di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, considerata la ingiustificata dispersione di risorse pubbliche, in assenza di specifiche valutazioni sulle possibili soluzioni alternative o sull’adozione di specifici interventi di risanamento.
L’illiceità del comportamento dei Consiglieri regionali è acclarata anche a prescindere dalla violazione di specifiche disposizioni normative che regolavano, al momento dell’adozione della delibera, la possibilità di mantenere partecipazioni societarie attinenti alla “produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali” (art. 3, c. 27 e segg., legge 24 dicembre 2007, n. 244), e le condizioni alle quali era possibile disporre aumenti di capitale in presenza di reiterate perdite di esercizio (art. 6, c. 19, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122). Peraltro, trattandosi di norme imperative di finanza pubblica, i principi stabiliti dalle disposizioni richiamate erano applicabili anche alle Regioni a Statuto speciale, quale è la Regione Autonoma Valle d’Aosta. Tuttavia, nel caso di specie, il comportamento illecito dei Consiglieri regionali è pienamente ravvisabile a prescindere dalla violazione di esse posto che la scelta di disporre l’aumento di capitale è stata effettuata in violazione dei principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, con conseguente inutile dispersione delle risorse regionali, indirizzate ad uno scopo privo di utilità per l’Ente.
La giurisdizione della Corte dei conti è stata contestata in base alla considerazione della natura politica della delibera del Consiglio regionale e della conseguente insindacabilità giudiziaria degli atti politici.
Come rilevato dal giudice di primo grado, la delibera del Consiglio regionale non rientrava nella categoria degli atti politici, sottratti alla giurisdizione contabile poiché, da un lato, la gestione della Casa da gioco non può essere qualificata come essenziale per la tutela degli interessi “supremi” della Regione e, dall’altro, si trattava di un atto non caratterizzato dal “criterio della libertà nel fine”, proprio degli atti politici, venendo ad emersione attività “obbligate dalla ritenuta necessità di salvaguardare la gestione societaria”. Sempre nella sentenza impugnata è stato sottolineato che la delibera del Consiglio regionale non rientrava neppure nella categoria degli “atti di alta amministrazione” in quanto diretta a finanziare un’attività imprenditoriale.
Al fine di ulteriormente chiarire l’esattezza delle conclusioni del giudice di primo grado è opportuno rilevare che la distinzione tra l’atto politico e quello amministrativo è data dalla circostanza che, per le ragioni indicate sopra, l’atto politico è libero nel fine, e quindi, non è sindacabile, mentre quello amministrativo è soggetto al rispetto delle regole di derivazione normativa, anche quando ampiamente discrezionale (Cass. civ., sez. un., 28 giugno 2013, n. 16305).
E’ stata elaborata in dottrina e in giurisprudenza anche la categoria degli atti di alta amministrazione che differiscono da quelli aventi natura politica, avendo funzione di raccordo fra l’azione politica e quella amministrativa (ad es: Cons. Stato, sez. IV, 21 settembre 2015, n. 4375). Si tratta di atti di indirizzo, coordinamento e controllo connotati da elevata discrezionalità, ma non liberi nei fini, dovendo perseguire l’interesse pubblico risultante dalla normativa di settore; i parametri per la valutazione della loro legittimità sono costituiti dagli artt. 97 e 113 della Costituzione e dalle regole generali sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni (Cons. Stato, sez. V, 2 agosto 2017, n. 3871).
Orbene, nel caso di specie, la delibera n. 823, in data 23 ottobre 2014, non ha natura di atto politico poiché il Consiglio regionale non ha agito in relazione ad un fine generale di indirizzo, ma quale soggetto che si è occupato di un interesse concreto e specifico, quale quello di disporre l’aumento del capitale della società controllata Casino de La Vallée S.p.A..
La natura di atto amministrativo e non di indirizzo politico risulta esplicitata dalla stessa delibera nella parte in cui è presentata dall’Amministrazione regionale come “proposta di atto amministrativo”, avente ad oggetto il “Rafforzamento finanziario del resort e Casino di Saint-Vincent. Incarico alla Finaosta S.p.A. di sottoscrivere, in nome e per conto della Regione, l’aumento di capitale della Casino de La Vallée S.p.A.”.
In altri termini, se anche l’atto è stato deliberato da un organo politico (il Consiglio regionale), l’attività ha riguardato non la formulazione di indirizzi di carattere generale in ordine alle funzioni regionali, ma l’adozione di un atto amministrativo di concreta gestione di una società partecipata.
L’esclusione della natura politica della delibera del consiglio regionale e, conseguentemente, del comportamento dei consiglieri regionali che hanno concorso alla sua adozione conferma la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti in relazione allo specifico profilo esaminato sopra
La Corte ha quindi, parzialmente confermando la sentenza in primo grado, condannato i convenuti al risarcimento del danno complessivo di euro 16.000.000