Anche l’uscita senza autorizzazione per andare al bar e al tabaccaio configura reato

Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 29674 dep 29 luglio 2021

La fattispecie dedotta in giudizio, è consistita nel non aver i ricorrenti timbrato il badge all’uscita dopo essersi allontanati da luogo del lavoro, per risultare falsamente in servizio laddove invece il X si era recato al bar e il Y presso il tabaccaio, ricorre l’ipotesi di falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolente. 

Vengono valorizzati, a fondamento dell’impugnata sentenza, gli esiti dell’istruttoria dibattimentale, ed in particolare la testimonianza del maresciallo capo il quale aveva riferito di essersi recato presso la Casa Comunale alle ore 8.40.

Dalle verifiche risultavano assenti gli odierni ricorrenti, nonostante dagli elenchi acquisiti risultasse che fossero entrati in servizio il X alle ore 8.09 e il Y alle ore 7.57. Il dato inconfutabile era che il badge non segnava alcuna uscita dei ricorrenti dopo l’arrivo in servizio, né risultava alcun permesso scritto che ne autorizzasse l’allontanamento né risultava alcuna anomalia del funzionamento della macchinetta marcatempo. 

Inoltre, dalla testimonianza risulta che il carabiniere venne avvisato dell’arrivo dei ricorrenti alle ore 8.50.

Il Y aveva riferito di essere uscito per comprare le sigarette e, considerata la vicinanza del luogo, non aveva pensato di chiedere alcuna autorizzazione per l’allontanamento ma anzi, si riteneva sfortunato in quanto, in trentasei anni di servizio, non era mai successa una cosa simile e che l’allontanamento fosse durato al massimo una decina di minuti. Quanto al X il tribunale asserisce che lo stesso aveva riferito di essere uscito dall’ufficio verso le ore 8.20-8.25 per recarsi a bere un caffè presso un bar che costituiva un “appendice” della Casa Comunale, di aver chiesto ad un collega, che considerava il suo capo ufficio, di potersi allontanare, che fossero trascorsi 7 o 8 minuti tra la sua uscita e l’arrivo dei Carabinieri. Peraltro, lo stesso riteneva giustificato il suo allontanamento stante l’assenza di distributori automatici all’interno della Casa comunale e la possibilità, garantita dal contratto, di usufruire di dieci minuti di pausa caffè. Infine, aveva riferito che tale allontanamento costituiva una “prassi”, che solo se vi fosse la necessità di restare fuori più tempo, si chiedeva il permesso e si timbrava il badge e che, anche in altre occasioni e in altri luoghi, i dipendenti non timbravano il badge all’uscita per andare a prendere il caffè.

Ebbene, alla luce di tali risultanze istruttorie è stata contestata la fattispecie di cui all’art. 55-quinquies citato, aggravata dalla violazione dei doveri inerenti al pubblico servizio svolto.

Ai fini della configurabilità della fattispecie e della condanna oltre ogni ragionevole dubbio e al fine di superare le tesi difensive, si esamina la possibile sussistenza dell’elemento oggettivo, ovvero il profilo della condotta degli imputati valutando se la stessa possa rientra nelle cosiddette modalità fraudolente. Su questo punto, si afferma che l’omissione delle timbratura in uscita integra certamente un’altra modalità fraudolenta in quanto realizza un indebito utilizzo del badge che nel caso in esame, attesta una situazione di fatto, ossia la presenza in ufficio, differente da quella reale e dunque di natura fraudolenta. Viene sottolineato, peraltro, che questo è sufficiente in quanto il reato contestato è di mera condotta e che a nulla rileva l’effettiva durata dell’assenza. Infatti, se da un lato è certa la loro assenza al momento dei controlli da parte dei Carabinieri, dall’altro è incerto il momento dell’uscita dal luogo del lavoro, ovvero subito dopo il loro ingresso o prima dell’arrivo della P.G. Tuttavia, si precisa che tale lacuna non incide sulla sussistenza del reato, in quanto è stata provata la falsa attestazione della presenza e non è richiesta per tale fattispecie la produzione di un danno patrimoniale economicamente apprezzabile

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