Consiglio di Stato, parere n. 1397 dell’11 agosto 2021
Le determinazioni gravate recano la previsione di una compartecipazione dei beneficiari delle prestazioni in argomento ai relativi costi che, peraltro, nella determinazione della tariffa minima prescindono dall’esistenza di un reddito secondo l’accertamento ISEE e quindi, pur inizialmente assegnando un rilievo all’ISEE, finiscono contraddittoriamente per porre nel nulla le indicazioni vincolanti che reggono il descritto sistema.
Come già osservato dal Consiglio (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 13 novembre 2018 n. 6371; Consiglio di Stato, sez. III, 27 novembre 2018 n. 6708) è di tutta evidenza come si ponga in contrasto con la disciplina di riferimento sopra richiamata l’opzione di una contribuzione fissa, totalmente svincolata dal parametro vincolante dell’indicatore ISEE. Inoltre, operando in tal modo, viene nuovamente assegnato un improprio e discriminante rilievo selettivo alla percezione di emolumenti (pensione di invalidità ovvero indennità di accompagnamento) che, tanto in ragione delle indicate sentenze di questo Consiglio, che per le successive modifiche normative, avrebbero dovuto essere considerati normativamente “protetti” e, dunque, con valenza neutra tanto ai fini dell’ISEE che, in via consequenziale, nella definizione della capacità contributiva degli utenti disabili.
Ragionando diversamente vi sarebbe un contrasto con le previsioni degli artt. 32, 38 e 53 della Costituzione e dell’art. 3 della Convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità, che assicurano la tutela assistenziale ad ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere.
Tutto ciò affermato, non va sottaciuta la necessità – in modo condivisibile evidenziata dal comune di Varese nelle sue deduzioni – di contemperare l’accesso alle prestazioni con la sostenibilità finanziaria delle stesse. La Sezione, pur condividendo tale ultimo principio, precisa tuttavia che il “giusto punto di equilibrio” debba trovarsi con soluzioni – appartenenti alla sfera della discrezionalità amministrativa – che siano rispettose del delineato quadro.
Quanto al ruolo della famiglia, reputa la Sezione che nell’azione amministrativa debbano essere rispettati i principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza 14 gennaio 2016, n. 2: «È, infatti, del tutto evidente che la garanzia costituzionale del «diritto al mantenimento e all’assistenza sociale» presuppone che la persona disabile sia «sprovvista dei mezzi necessari per vivere» e che l’accertamento di questa condizione di effettiva indigenza possa richiedere anche una valutazione delle condizioni economiche dei soggetti tenuti all’obbligo alimentare. Ove così non fosse, verrebbero, d’altra parte, a poter irragionevolmente godere dello stesso trattamento di assistenza e di mantenimento, con conseguente identico carico finanziario e sociale, tanto le persone con disabilità individualmente e “familiarmente” non abbienti, quanto quelle prive di reddito ma concretamente assistite o anche potenzialmente assistibili da familiari con consistenti possibilità economico-patrimoniali».
Il modo in cui ciò dovrà avvenire naturalmente non può essere stabilito in questa sede, spettando ancora una volta alla scelta discrezionale dell’amministrazione previa esauriente istruttoria. L’amministrazione, nell’individuare la disciplina da applicare, potrà/dovrà dunque valorizzare il nucleo familiare di riferimento, se esistente, ma in maniera più precisa rispetto a quanto sino ad ora fatto.