Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, sentenza n. 256 del 20 agosto 2021
Passando al pregiudizio economico del quale i due convenuti sono chiamati a rispondere in solido a titolo di responsabilità dolosa, giova ricordare che secondo la giurisprudenza consolidata della Corte dei conti il danno da disservizio può essere prodotto da una serie di condotte colpevolmente disfunzionali che incidono sulla qualità e sulla materiale esecuzione del servizio pubblico. In tale prospettiva, sono state individuate alcune figure sintomatiche tipiche, tra le quali anche il danno per ulteriori costi sostenuti per il recupero e ripristino della legalità del servizio o della funzione, legati per esempio allo svolgimento di verifiche e controlli straordinari volti all’accertamento dell’illecito erariale.
Ed è proprio tale fattispecie quella richiamata dall’attore, nella misura di 27.709,04 euro, corrispondente ai costi straordinari per le risorse, in termini di attività lavorativa del personale impiegato, che la Regione Lombardia ha dovuto utilizzare dal 2004 al 2010 per sottoporre a riesame – e per adottare, ove necessari, i provvedimenti correttivi – gli 88 progetti (con relativa documentazione) cui avevano partecipato le società illecitamente favorite da Forini e Fossati.
Il Collegio ben conosce l’orientamento giurisprudenziale, invocato dalla difesa, secondo il quale ai fini del risarcimento è necessario comprovare e documentare che la spesa per gli emolumenti corrisposti al personale che ha svolto i controlli sia effettivamente aggiuntiva ed estranea alle normali attività istituzionali.
Nella fattispecie, tuttavia, dal prospetto analitico trasmesso da Regione Lombardia alla Procura con nota prot. 4056/8.4.2015 (versata agli atti del fascicolo) si ricavano elementi sufficienti a far considerare i suddetti costi come straordinari e non riconducibili ad attività lavorativa fisiologica e come tale ordinariamente retribuita.
Innanzi tutto, la circostanza che le verifiche siano state svolte a distanza di tempo dall’erogazione dei finanziamenti (avvenuta nel 2001-2003) porta a ritenere che siano stati riaperti procedimenti e riesaminate pratiche già chiuse, il che già di per sé costituisce un importante ed evidente indizio che vi sia stato un necessario reimpiego di risorse per ripetere attività già espletate e concluse: ciò rappresenta non un controllo “fisiologico” della P.A., ma un controllo occasionato, dopo anni, da patologie comportamentali e tradottosi in un palese costo aggiuntivo, che indubbiamente non si sarebbe verificato se i due responsabili dello Sportello informativo del FSE avessero operato nel rispetto delle regole.
Inoltre, il fatto che le verifiche siano state svolte nell’arco temporale di ben sei anni (dal 2004 al 2010) e che nel corso di tale periodo risultino essere state utilizzate complessivamente 14 unità di personale (una o due per ciascun anno, tranne per il 2010, anno di chiusura degli accertamenti, che ha visto impegnati sei impiegati) per 212 giornate totali (quindi una media di 15 giornate a testa in 6 anni e di 2,5 giornate nel singolo anno), induce questo Giudice a ritenere che si è al cospetto non di mansioni ordinarie, bensì di una attività aggiuntiva, che giocoforza è stata organizzata diluendola nel tempo e ripartendola “a rotazione” tra i dipendenti della competente struttura regionale per tentare di ridurre il più possibile l’impatto negativo sui normali compiti di routine dell’ufficio.
Pertanto, l’invocato danno da disservizio si riferisce a costi relativi ad operazioni di indagine ed accertamento aventi carattere straordinario ed aggiuntivo, tali da aver creato all’andamento dell’attività amministrativa ordinaria un depotenziamento, sebbene attenuato grazie alle modalità con le quali le verifiche sono state gestite.