Corte dei Conti, Prima Sezione Centrale d’Appello, sentenza n. 353 del 20 settembre 2021
Al docente la sentenza di primo grado ha addebitato sia il concreto svolgimento di attività imprenditoriale, sia l’assunzione di cariche in società, in violazione della normativa sul pubblico impiego e sull’ordinamento universitario, stante il divieto di esercitare attività commerciali e imprenditoriali, di assumere impieghi alle dipendenze di privati o di accettare cariche in società, costituite a fine di lucro.
L’impianto accusatorio della sentenza di condanna in primo grado va sostanzialmente confermato.
La decisione si basa essenzialmente sul divieto, vigente per tutti i docenti (sia in regime di “tempo pieno” sia in regime di “tempo definito”), di svolgere attività commerciali e industriali, stabilito, in materia di pubblico impiego, dall’art. 60 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, confermato, in materia di ordinamento universitario, dall’art. 11 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, dall’art. 6, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (c.d. riforma Gelmini) e dai regolamenti universitari, adottati dall’Istituto Universitario di X, secondo cui ai professori e ai ricercatori a “tempo pieno” e “definito” è vietato “l’esercizio del commercio e dell’industria, compresa l’assunzione di cariche e la partecipazione a consigli di amministrazione o ad organi con poteri di gestione in società di persone o di capitali, in fondazioni, o comunque in enti con personalità giuridica di diritto privato” La giurisprudenza contabile è univoca nel ritenere che il regime delle incompatibilità, stabilito dalla normativa, va collegato allo status di pubblico dipendente e non al regime di impegno prescelto, a “tempo pieno” o “definito”. In sintesi, ritiene che l’assunzione di incarichi sia vietata laddove il docente assuma cariche in consigli di amministrazione o in organi gestionali, comportanti deleghe operative, costituenti esercizio di attività imprenditoriali.