Per la Corte dei Conti, ai fini del congedo biennale per assistere un disabile, il concetto di convivenza non significa coabitazione

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, sentenza n. 261 del 21 settembre 2021

In generale può affermarsi che nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego, il concetto di assistenza a persona disabile con handicap grave, sia nell’ambito dell’istituto previsto dalla Legge n.104/1992, sia in quello di cui al D.Lgs. n.151/2001, ai fini della concessione al dipendente pubblico dei relativi permessi non va inteso come vicinanza continuativa ed ininterrotta alla persona disabile, atteso che la cura di un congiunto affetto da menomazioni psico-fisiche, non in grado di provvedere alle esigenze fondamentali di vita, spesso richiede interventi diversificati, non implicanti la vicinanza continuativa allo stesso, a condizione che venga assicurata una stretta correlazione causale tra assenza dal lavoro e cura del soggetto bisognoso. Questo principio risulta pacifico nella giurisprudenza ordinaria, amministrativa e contabile (Cass. Civ., Sez. Lavoro, n.12032/2020; Cass. Pen., Sez. II, n.54712/2016; Tar. Sardegna, Sez. I, n.224/2020; Corte dei conti, Sez. Lazio, n.2039/2009).

Sulla base della documentazione versata in atti, in particolare le evidenze probatorie presentate dalla convenuta in merito all’espletamento di attività di gestione, nei giorni oggetto di contestazione, di un immobile del padre in Laredo (LC) ed avuto riguardo al fatto che tale attività rientra nel concetto lato di assistenza, come inquadrato dalla giurisprudenza  (si veda Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., n. 23434/2020, secondo cui l’assistenza al disabile può essere prestata “con modalità e forme diverse, anche attraverso lo svolgimento di incombenze amministrative, pratiche o di qualsiasi genere, purché nell’interesse del familiare assistito”), il Collegio ritiene che non sussistano elementi per accertare, nel caso di specie, l’intervenuta consumazione di illeciti.

Con specifico riguardo alla circostanza, valorizzata dalla Procura Regionale nella prospettazione accusatoria, che la convenuta risiedesse soltanto formalmente presso l’abitazione del padre disabile sita in…. (MB), ma dimorasse abitualmente in ….(MB) insieme al marito e che pertanto non sarebbe stato rispettato l’obbligo della convivenza previsto in particolare per i congedi ex art. 41, D.Lgs. n.151/2001, si osserva che se è vero che il presupposto per la concessione del beneficio risulta essere la “convivenza”, è altrettanto vero che l’interpretazione giurisprudenziale del dato normativo, come esattamente rilevato dalla convenuta, si è consolidato nell’ammettere un concetto di “convivenza” non coincidente con quello di “coabitazione”, risultando invero necessario esclusivamente che venga assicurata in favore del parente disabile un’assistenza abituale e costante (Cass. Pen., Sez. II, n.24470/2017; Corte dei conti, Sez. II App., n.598/2018).

La richiesta di risarcimento del danno avanzata dall’organo requirente deve essere in conclusione integralmente rigettata.

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