Corte di Cassazione, sentenza n 34092 del 12 novembre 2021
Una volta collocato il tema dei controlli difensivi cd. in senso stretto al di fuori dell’ambito applicativo dell’art. 4 St. lav., comma primo, si è posta tuttavia l’esigenza di individuare dei limiti all’esercizio del relativo potere datoriale di controllo ed in questa prospettiva è stato osservato : << Innanzitutto, va riaffermato il principio, già richiamato, espresso dalla giurisprudenza di questa Corte formatasi nel vigore della precedente formulazione dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, secondo cui in nessun caso può essere giustificato un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore (Cass. n. 15892 del 2007, cit.; Cass. n. 4375 del 2010, cit.; Cass. n. 16622 del 2012, cit.; Cass. n. 9904 del 2016; Cass. n. 18302 del 2016, cit.). Occorrerà dunque, nel rispetto della normativa europea, e segnatamente dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, assicurare un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, con un contemperamento che non può prescindere dalle circostanze del caso concreto (Cass. 26682/2017, cit.).
Occorre valutare se il lavoratore medesimo fosse stato posto a conoscenza della natura e della estensione del controllo o del grado di intrusione nella vita e nella corrispondenza privata; accertare le specifiche ragioni che giustificavano l’adozione di dette misure di controllo e se il datore di lavoro avrebbe potuto utilizzare misure meno intrusive, né se l’accesso al contenuto delle comunicazioni fosse stato compiuto senza che il lavoratore ne avesse consapevolezza.
Inoltre, e il punto è particolarmente rilevante nel caso in esame, per essere in ipotesi legittimo, il controllo “difensivo in senso stretto” dovrebbe quindi essere mirato, nonché attuato ex post, ossia a seguito del comportamento illecito di uno o più lavoratori del cui avvenuto compimento il datore abbia avuto il fondato sospetto, sicché non avrebbe ad oggetto l’“attività” – in senso tecnico – del lavoratore medesimo.
Facendo il classico esempio dei dati di traffico contenuti nel browser del pc in uso al dipendente, potrà parlarsi di controllo ex post solo in relazione a quelli raccolti dopo l’insorgenza del sospetto di avvenuta commissione di illeciti ad opera del dipendente, non in relazione a quelli già registrati. >> (Cass. sentenze nn. 25731 e 25732 del 2021).
Così ricostruito il quadro entro il quale i “controlli difensivi” tecnologici possono considerarsi ancora legittimi dopo la modifica dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, si deve rilevare che la sentenza impugnata non è con esso coerente in quanto nel ritenere utilizzabili le informazioni alla base della contestazione disciplinare ha fatto riferimento alla circostanza che esse erano state acquisite tramite file di log