Obbligo di vaccinazione dei sanitari solo se lavorano in alcuni luoghi (fattispecie relativa a veterinario e aziende agricole)

TRGA Trento, decreto n. 59 dell’ 8 novembre 2021

E’ l’Azienda Sanitaria titolare della discrezionalità nell’accertamento dei presupposti richiesti per la sussistenza – o meno – dell’obbligo di vaccinazione del personale sanitario a mezzo del proprio Dipartimento di Prevenzione.
Tale discrezionalità può essere nella specie esercitata dall’Azienda Sanitaria anche “previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti” (cfr. il comma 6 cit.) al fine di accertare se – per l’appunto, e come affermato e allegato in ricorso – la professione medesima non sia svolta dall’attuale ricorrente “nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali”, come disposto in via tassativa dal comma 1 del predetto art. 4 al fine della puntuale delimitazione dell’obbligo vaccinale imposto al personale sanitario.
L’individuazione da parte del legislatore dei predetti luoghi in cui le attività professionali del personale sanitario devono svolgersi agli effetti dell’accertamento dell’obbligo vaccinale non può infatti che essere assoggettata ad una stretta interpretazione letterale, a’ sensi dell’art. 12, primo comma, disp. prel. c.c., risultando la stessa inserita in una disciplina di legge incontestabilmente straordinaria ed eccezionale, nonché esplicitamente e contingentemente limitata nella sua efficacia ad un lasso di tempo alquanto ridotto.

Per conseguenza, l’accertamento operato dall’Azienda Sanitaria non può che avere per oggetto la veridicità della sussistenza della circostanza per cui la professione di cui trattasi risulti nella specie esercitata essenzialmente nelle aziende agricole e nell’assoluta assenza di una qualsivoglia attività ambulatoriale: ossia in un contesto lavorativo privato in cui non vige l’obbligo vaccinale gravante sulla generalità del personale sanitario, bensì vigeva sino al 14 ottobre 2021 un regime di accesso senza restrizioni per il lavoratore; e nel quale attualmente vige con decorrenza 15 ottobre 2021 il regime di cui all’art. 9-septies del d.l. 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 giugno 2021, n. 87 nel testo introdotto per effetto del d.l. 21 settembre 2021, n. 127, che obbliga il lavoratore ad accedere al luogo di lavoro esclusivamente mediante certificazione verde COVID – 19, peraltro ottenibile non soltanto mediante volontaria vaccinazione da parte dell’interessato, ma anche mediate l’effettuazione di un test antigenico rapido o molecolare (cfr. art. 9, comma 1, lett. a, del predetto d.l. n. 52 del 2021 come convertito dalla l. n. 87 del 2021).
Il risultato ermeneutico dell’art. 4, comma 1, del d.l. n. 44 del 2021 come convertito dalla l. n. 76 del 2021 non può, quindi, sostanziarsi nell’indiscriminata sottoposizione di tutto il personale sanitario appartenente ai rispettivi Ordini e Collegi professionali in conseguenza della mera circostanza della sua iscrizione a questi ultimi, ma deve inderogabilmente avere esclusivo riguardo ai luoghi – tassativamente individuati nel medesimo disposto legislativo – in cui l’attività professionale è concretamente svolta.

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